E’ bianca la notte. E’ bianca questa notte, che scandisce gli ultimi passi dell’anno ormai quasi finito e l’avanzare del nuovo che a breve godrà l’alba della sua vita. Clessidra non svuotata fino in fondo, non sgombrata dell’ultimo bruscolo, e per magia tornata a colmarsi, per rilasciare ad uno ad uno i suoi granelli, con i ritmi dell’eterno. “Tutto passa per tornare” (Seneca).

La notte di San Silvestro osserva il suo rituale inossidato. E’ la notte dei riti apotropaici, dei brindisi, dei botti, dei veglioni, della gioia sconsiderata. Come “champagne che dà alla testa” (Rimbaud).

Le immagini olistiche distribuite sui social network, sulle piattaforme digitali, costruiscono atmosfere verosimili; mentre la TV reclamizza la “notte più scintillante dell’anno”. Desueto refrain.

E’ la notte profonda. Di riflessione. Quando il rintocco del campanile suona sul clochard disteso sui cartoni sbriciolati, all’angolo della via, sotto una nuvola di cielo senza stelle e un mantello di gelo; sull’infanzia flagellata, sull’andare verso il nulla dei profughi;  e si espande sul lavoro negato, sul clima impazzito, sulla pace in disfatta, là dove “smarrito è ogni pensiero umano” (cit.).

Anno vecchio che muore; anno nuovo che nasce E’ il tempo il grande protagonista: segna la fine e il principio, balla la danza dell’infinito. Sul passato, cui si guarda con nostalgia; sul futuro, con speranza.

Umanità e Speranza, “che ancora resistono e luccicano malgrado l’oscurità dei tempi” (Wallace).

Umanità e Speranza, sia luce ritrovata in questa notte bianca.

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