All’Angelus, il Papa sottolinea che il “sonno” di Gesù sulla barca della nostra vita ci provoca a coinvolgerlo nei nostri bisogni: è “la forza mite e straordinaria della preghiera, che opera miracoli”. Al termine della preghiera mariana l’appello per la pace in Myanmar e un pensiero all’odierna Giornata Mondiale del Rifugiato
Il brano del Vangelo di oggi riporta alla mente la preghiera di Papa Francesco, il 27 marzo 2020 in una Piazza San Pietro vuota, dove nessuno però si è sentito solo nonostante le restrizioni e la distanza imposte dalla pandemia. Il pericolo per la tempesta, il silenzio di Gesù, il suo sonno tornano oggi nelle parole del Pontefice all’Angelus. “Non fai nulla per me?” è la frase rivolta a Dio che, nei momenti bui della vita, ricompare in ognuno di noi come un grido che si fa preghiera, come quella di tanti giovani rifugiati “che vengono in barconi – afferma il Papa – e nel momento di annegarsi gridano: Salvaci!” Una preghiera che dunque “opera miracoli” perché abbiamo bussato “alla porta” del cuore di Gesù. (Ascolta il servizio con la voce del Papa)
Il Signore è lì, presente, infatti, attende – per così dire – che siamo noi a coinvolgerlo, a invocarlo, a metterlo al centro di quello che viviamo. Il suo sonno provoca noi a svegliarci. Perché, per essere discepoli di Gesù, non basta credere che Dio c’è, che esiste, ma bisogna mettersi in gioco con Lui, bisogna anche alzare la voce con Lui, gridare a Lui; sentite questo: bisogna gridare a Lui. La preghiera, tante volte, è un grido: “Signore, salvami!”.
Gesù c’è
Francesco elenca le situazioni nelle quali rischiamo di affondare come quando riponiamo speranze in qualcosa che svanisce, in preda all’ansia, quando i problemi ci sommergono oppure “nei momenti in cui viene meno la forza di andare avanti, perché manca il lavoro oppure una diagnosi inaspettata ci fa temere per la salute nostra o di una persona cara”. Anche lì Gesù c’è.
Benedetta Capelli – Città del Vaticano – VATICAN NEWS