Lasciatemi invecchiare con amore
e diventare anziano
così come avviene per tante cose belle!
L’avorio e l’oro, i merletti e le sete
non vogliono essere nuovi:
nelle vecchie querce c’è tanta potenza
e nelle vecchie strade tanto fascino e calore.
Perché allora a me non si consente
d’invecchiare con amore?
Karle Wilson Baker
Ma com’è che a me, alla mia generazione “non è consentito di invecchiare con amore” e, aggiungo, perché non ci si consente di morire da umani, com’è accaduto per i nostri padri, i nostri avi che sono invecchiati e morti curati e circondati dagli affetti dei propri cari e sorretti dalla speranza nell’immortalità dell’anima? Nel terzo millennio, al tempo del Covid 19, mostro “umano contro” già da parecchio nell’aria, è possibile anelare, in punto di morte, con tutte le forze che l’ultimo soffio di vita ci consente, all’ascolto del sublime Adagio in sol minore per archi e organo opera 9, n. 2 di Tommaso Albinoni?
Altro che, a sentire e a vedere le immagini che i medici ci trasmettevano: nessun rito funebre di preparazione, nessun rito religioso, neanche un volto e le carezze di un famigliare.
La globalizzazione del mercato, unita alle più sofisticate tecnologie, non solo hanno profondamente modificato le nostre consolidate normalità, quanto hanno sviluppato un virus, il Covid 19 che, a differenza delle vecchie pesti, questa volta ha preso l’aereo ed è venuto a insediarsi stabilmente tra noi “umani”, quasi a rivendicarne la cittadinanza.
E noi vecchi, resi inutili nella società produttivistica e dei consumi, ci aggiriamo in questo deserto umano, nudi e senza orpelli, privati del significato del nostro invecchiamento e di quello della vita; persino della morte.
Fino a qualche generazione addietro e persino i nostri padri invecchiavano e morivano con serenità e da umani, perché erano consci che, dopo morti, potevano contare sulla continuità delle loro opere, così come degli affetti dei propri cari, in vita. Certezza di affetti e continuità delle opere attraverso i figli erano i frutti maturi che li sorreggevano nel loro sereno invecchiamento e nel difficile passaggio all’altra vita.
Ma come può oggi, nel terzo millennio, una società priva di valori e di certezze sorreggere e alimentare questi stati d’animo di fiduciosa e serena attesa? Ovunque, persino laddove i più vecchi dovevano essere conservati e protetti, sono stati lasciati morire. Per colpa di chi? Di quegli operatori, medici, personale di assistenza, dirigenti amministrativi e/o politici? Macché! Bando all’ipocrisia: è il sistema produttivistico che genera veleni, infetta l’aria, pianifica i suoi maligni obiettivi. Ci sono troppi vecchi inutili che bisogna mandare a morire, oltretutto così volgiamo il deficit previdenziale a vantaggio dell’Erario. Ed è stato così e sarà così, perché viviamo in una società priva di valori e che ha disumanizzato persino la vita.
La società di oggi sembra interessarsi della vita, ma solo in apparenza. In realtà tutto si svolge all’insegna della morte: ecologica, sociale, spirituale. A memoria d’uomo non c’è mai stato un tempo in cui le forze negative sono state così minacciose come oggi. Mai come oggi l’uomo è stato spogliato della sua umanità, sottratto della sua personalità, di ogni illusione compresa quella che lo accompagna, dopo la morte, nell’altra vita immortale.
Fino a ieri si pensava che l’ultima fase della vita fosse ancora la vita, cioè l’immortalità dell’anima nell’etereo mondo in cui tutto rivive nella luce mistica dell’Eterno. È ancora così?