Una cerimonia semplice, sul luogo dove 19 anni fa si consumò la tragedia, che deprivò della vita 13 persone. Persone indifese, fragili, per le loro disabilità, e i loro accompagnatori, volontari. Tutte unite in unico destino di morte.
Un cielo settembrino velato del colore della tristezza segue il calpestìo dei passi dei partecipanti. Un andare lento e silenzioso su un lembo di terra umido di mare e di fiume; disegnato e ridisegnato dallo scorrere calmo, violento, dolce, insidioso, ribelle, del Beltrame. Il corso d’acqua, che incise tratti di storia dolorosi. Sulle sue sponde si stendeva il Camping “Le giare”. Pittoresco ed unico, tra rigogliosi canneti e il profumo delle acacie; e il frinire insistente delle cicale sui carrubi sparsi sul viottolo di sabbia silicea e diciottoli di fiume. Soggiorno ricercato per turisti di ogni stagione.
In quel periodo di settembre, era occupato da 150 ospiti, ragazzi con disabilità e volontari accompagnatori, per un breve campo estivo organizzato dall’Unitalsi. Giorno festoso al Campeggio, quel 9 di settembre. Ma arrivò improvvisa la pioggia e sconvolse le ore. Continuò a scrosciare, irruente e violenta; aumentò, istante per istante; e si abbattè nel cuore della notte, rilasciando terrore. Il fiume si gonfiò ; aumentò a dismisura. Cominciò ad esondare, trascinando con sé cose e persone. Quando il furore della piena rientrò nei suoi gorghi, l’aria era attraversata dall’urlo delle sirene dei soccorsi per chi era rimasto, dal bruciore delle ferite per il trascinare dei corpi, dal sibilo oscuro e freddo della devastazione .
Una commemorazione che si ripete, anno dopo anno, da quella maledetta notte del 9-10 di settembre del 2000. Tra memoria, dolore e silenzio. Una memoria viva, un dolore pesante, un silenzio inquietante.
Un cerimoniale breve, essenziale; partecipato dalla rappresentanza delle Istituzioni, locale e regionale, delle Autorità Militari, dei vertici dell’Unitalsi, dei familiari delle 13 vittime; e del fratello di Vinicio Caliò, accompagnatore volontario, il cui corpo non è stato mai ritrovato.
Perché memoria rimanga, una stele è stata eretta, in uno nudo spiazzo, vegliato dalle figure di 13 angeli. Triste ricordo di una tragedia, che poteva essere evitata, e delle vittime di quella stessa tragedia.
E perché la stele non sia semplice fredda maschera sul volto di inadempienze e di latitanze, ma monito per un futuro di rigore, di responsabilità istituzionale e di sostenibilità.
La Natura, il fiume Beltrame, si erano ribellati all’incuria, alla negligenza, alle distorsioni umane; alla disattenzione di quanti avevano il compito di vigilare e non lo hanno fatto. Ma in tanto silenzio la memoria non lascia intravedere tracce di cedimento. Né il tempo stempera il dolore di chi ricorda.
Il rito di commemorazione ha espresso tutto questo, nel luogo dove il silenzio racconta la tragedia e lo scorrere delle acque dà voce al fluire della vita.