Fondi russi Da “Il Fatto Quotidiano”, Marco Travaglio
Ieri la lettura dei giornali ci ha subito messo appetito: già pregustavamo una bella lista di politici italiani pagati da Mosca, nell’ambito del sontuoso stanziamento di 300 milioni di dollari dal 2014 a oggi per “mani polare le democrazie” di ben 24 Paesi pagando partiti e candidati (si spera pochi,sennò pro capite in 8 anni resta pochino). A parte il braccino corto dell’au t o c rat e , colpiva il tempismo del Pentagono nel rivelare la presunta notizia a 11 giorni dalle elezioni italiane. I migliori ghostbusterdel bigoncio –a partire dal commissario Iacoboni, il nostro preferito –ci si son subito fiondati, alludendo ai partiti più odiati dai padroni: 5Stelle, Lega e FdI. Doppio orgasmo per i direttori, che sennò avrebbero dovuto mettere in prima pagina l’ultima rapina dei Migliori per devolvere il dl Aiuti ai poveri boiardi pagati appena 240 mila euro l’anno. “Scatta la caccia ai nomi”, titolava Repevocando le liste P2. Poi purtroppo la ferale smentita diGabrielli edel Copasir: nel dossier non ci sono italiani. Chedelusione. “Perora, male cose possono cambiare”, dice Urso lasciando uno spiraglio alla speranza. “Forse i dossier sono più di uno”, palpita Di Maio appena atterrato dal volo in pizzeria. E così lo scoop che doveva dimostrare le ingerenze russe nelle elezioni italianedimostra leingerenze americane nelleelezioni italiane. Un regalo insperato a Salvini, che fa lavittima per l’en nesima bufala per screditarlo alla vigilia del voto, come se non facessegià abbastanzada solo.Un boomerang, come le rivelazioni del supertestimone“El Pollo”sui soldi di Maduro al M5S. Come gli scoop-pataccasulla missionesanitaria russa a Bergamo. O la lista dei “putiniani d’It a l i a ”att r i b u i t a dal Corriere ai Servizi e al Copasir, mentre se l’era inventata quasi tutta il Corr iere (a proposito: la “m ani na” che Gabrielli giurò di amputaredal Disè ancoraattaccata al braccio, il braccio è ancora attaccatoal corpoe ilcorpo èancora attaccato al Dis?).
L’Avvenire MASSIMO CALVI Risposte forti all’inverno demografico LA RIVOLUZIONE NECESSARIA
I primi ad accorgersi del problema erano stati i grandi marchi specializzati negli alimenti per l’infanzia, poi è toccato alle aziende produttrici di pannolini, in seguito è stata la volta della grande distribuzione. A partire dagli anni Novanta l’effetto della diminuzione delle nascite ha incominciato a essere un argomento molto serio di dibattito nelle aziende che fondavano la propria ragion d’essere, cioè il proprio mercato, sulle famiglie con figli. La risposta del mondo produttivo alla crisi demografica, in molti casi, si è però tradotta in un banale, seppur non semplice, aggiornamento del proprio catalogo di prodotti. In fondo, passare dallo sfornare biscotti per bambini ai cracker che aiutano a conservare la linea, o dai pannolini ad altro non richiede una grande fatica né un particolare sforzo di immaginazione. Più o meno nello stesso periodo lo scrittore americano David Foster Wallace, in quel romanzo spettacolare e visionario che è “Infinte Jest”, arrivava a immaginare che le sponsorizzazioni avrebbero conquistato il tempo, e a un anno solare prima o poi sarebbe stato assegnato addirittura il nome di un “pannolone per adulti”. Sembrava uno scherzo, non lo era. E non tutti lo hanno capito con altrettanta celerità. Per dire, il calo delle nascite che ha interessato in particolare l’Italia nel ventennio finale del secolo scorso non è stato interpretato dalla politica come un campanello d’allarme cui provare a rispondere con misure per invertire la tendenza, ma si è preferito, in nome della pace sociale, tamponare gli effetti del declino riallocando le risorse a favore della spesa previdenziale rispetto a quella per le famiglie.