Il costituzionalista commenta la nota verbale con cui la Segreteria di Stato ha chiesto una diversa modulazione del disegno di legge sull’omotransfobia: non si contesta la legittimità di tutelare determinate categorie di persone, ma si segnala il rischio di ferire libertà sancite dal Concordato
Alcuni contenuti attuali della proposta legislativa del disegno di legge contro l’omotransfobia, all’esame del Senato “riducono la libertà garantita alla Chiesa Cattolica” in tema di organizzazione, di pubblico esercizio di culto, di esercizio del magistero e del ministero episcopale, ovvero quelle libertà sancite dall’articolo 2, ai commi 1 e 3 dell’accordo di revisione del Concordato del 1984. È la sostanza della nota verbale della Segreteria di Stato consegnata il 17 giugno scorso all’ambasciatore italiano presso la Santa Sede.
Nel documento si rileva come il ddl Zan rischi di interferire, fra l’altro, con il diritto dei cattolici e delle loro associazioni e organizzazioni alla “piena libertà di riunione e di manifestazione del pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”, come previsto dal comma 3. Con la nota verbale si auspica una diversa modulazione del disegno di legge. Il costituzionalista Cesare Mirabelli, offre una lettura della questione:
In che cosa, secondo la nota verbale della Santa Sede, il disegno di legge Zan non sarebbe in consonanza con alcuni aspetti del Concordato?
L’accordo di revisione del Concordato garantisce alla Chiesa dei diritti che già la Costituzione afferma e, sotto questo aspetto, è un rafforzamento dei diritti costituzionali. In particolare, la libertà di educare, la libertà di esercitare il magistero e per i cattolici, ma evidentemente per tutti, la libertà di manifestazione del pensiero, di parola, di scritto ed esprimere il proprio il pensiero con ogni altro mezzo, e poi la libertà delle scuole. Si tratta di aspetti che il Disegno di Legge Zan per qualche profilo mette a rischio. Perciò non si tratta di contestare o di contrastare la protezione particolare che vuole essere assicurata a determinate categorie di persone. Questa è una scelta politica che evidentemente lo Stato liberamente può fare, né si tratta di impedire all’autonomia dello Stato di legiferare, ma di avvisare, di segnalare che alcuni aspetti della norma verrebbero a ferire, a contrastare con un impegno che lo Stato ha preso.
A quali aspetti si riferisce?
In particolare alle garanzie della libera espressione di convinzioni che possono essere legate a valutazioni antropologiche su alcuni aspetti. È particolarmente rischioso se la previsione di norme penali possano limitare la libertà di espressione e di manifestazione del pensiero. Sotto questo aspetto la nota verbale della Santa Sede è una comunicazione che viene fatta, una segnalazione di attenzione per il rischio di ferire alcuni aspetti di libertà che l’accordo di revisione del Concordato assicura. Non si chiedono quindi privilegi.
Lo stesso rischio vale per altre realtà religiose, altre confessioni presenti sul territorio italiano?
Vale per tutti evidentemente ma, sotto questo aspetto, la Santa Sede può esprimersi per la parte che le compete, cioè per l’accordo del quale essa è parte e – anche quando si fa riferimento alla libertà garantita ai cattolici – non significa libertà come privilegio, ma libertà garantita ai cattolici di unirsi, di manifestare il pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione, che sono proprio le espressioni costituzionali. Non è una libertà che vuole essere riservata solo a loro, anche se è espressa per loro e l’accordo si riferisce a loro.
Sulla base dell’analisi fatta nella nota verbale vaticana, è possibile, secondo lei, una modifica del disegno di Legge Zan?
Questa è una scelta politica, del resto mi pare che sono diffuse le preoccupazioni anche nel dibattito pubblico italiano, nella opinione dei giuristi. Effettivamente ci sono dei punti critici, ad esempio la norma che è stata introdotta alla Camera, che vuol essere di garanzia del pluralismo delle idee e libertà delle scelte, è inadeguata, inappropriata, per qualche aspetto contraddittoria e, comunque, dovrebbe circoscrivere la fattispecie penale, essere la garanzia introdotta come limitazione della previsione penale nella stessa norma penale, non all’esterno di essa.
Giancarlo la Vella – Città del Vaticano VATICAN NEWS