Ricordi? Si parlava a bassa voce
noi bimbi senza sguardo sul domani,
voglia bruciante cresciuta sulle ossa
tra braci e vie corrose dai mortai.
Ed eran scoppi laceranti per orecchie
che avean udito le grida del terrore,
erano squarci spalancati verso il vuoto,
un buco nero d’universo indifferente.
Insieme varcavamo quel confine
che l’innocenza impediva di vedere;
all’improvviso un sibilo, una lama
ritagliava i colori alle pareti
e nuova forma, terribile bellezza,
sgorgava a sangue dal bianco del soffitto,
mentre un pennello incerto tra le dita
tracciava varchi e fosse negli abissi.
(da “I bambini e la guerra” di Lucia Lo Bianco, diritti d’autore riservati)
Un triste bollettino di guerra continua a colorare di nero le nostre giornate e l’atmosfera, in questo periodo di Quaresima, diventa sempre più tetra. Il mondo resta in attesa e cresce la trepidazione per conoscere gli esiti di un conflitto, quello russo/ucraino, che potrebbe trasformarsi in evento mondiale e coinvolgere grosse fasce di popolazione innocente. Dalla fine del secondo conflitto questa è forse la prima volta che la paura sia riuscita a concretizzarsi in forti timori che puntellano a fosche tinte le nostre giornate impedendoci di pensare ad altro.
Immagini di bambini uccisi, abitanti che cercano di fuggire sfruttando i cosiddetti “cordoni umanitari” e si ritrovano invece a fungere da tiro al bersaglio da parte delle armi russe; donne che imbracciano il fucile e si preparano a resistere agli attacchi: questo il leitmotiv che è riuscito ad annullare ogni altra notizia in questo periodo mentre la paura del contagio o della malattia da coronavirus sembra sia svanita dietro il fumo delle bombe e i colori di morte delle granate.
In questi giorni abbiamo visto accrescersi il numero di profughi in fuga dall’orrore. Interi nuclei spezzati con padri rimasti a combattere per difendere il paese e madri che si sobbarcano il peso della famiglia il cui futuro dipenderà forse completamente da loro. Ecco allora emergere la positività del carattere, la voglia di non arrendersi, la determinazione di continuare nella lotta per la sopravvivenza. Ecco allora che il coraggio, soprattutto delle donne, riaffiora tra le macerie di un popolo e di città distrutte mentre si rafforza il senso di solidarietà della gente e delle popolazioni limitrofe. Sono tanti in questi giorni i paesi che hanno accolto la richiesta di accoglienza ed ospitalità di chi si ritrova senza niente, lontano dalla propria casa e da quel minimo di comfort che non pensavano di poter perdere così all’improvviso.
L’Italia come sempre si trova in prima linea nelle offerte d’accoglienza e molte famiglie hanno già dato la propria disponibilità, soprattutto per ospitare bambini rimasti orfani o con i genitori che combattono in Ucraina. Sono proprio i bambini, infatti, a subire innocentemente le conseguenze di una guerra assurda ed insensata. Donne e bambini: non dimenticheremo le immagini dei piccoli pazienti e delle partorienti costretti ad abbandonare gli ospedali bombardati.
Buona parte della letteratura recente e passata si è dedicata a descrivere la crudeltà della guerra. Tra le tante poesie andrebbe citata la famosa “Pasqua 1916” del poeta irlandese William Butler Yeats, non solo per la bellezza dei suoi versi ma anche perché commemora l’inizio di un conflitto che durerà anni. Yeats descrive i cambiamenti nelle abitudini, nella gente ma soprattutto parla cripticamente della nascita di una “terribile bellezza”. Associare due termini così contrastanti, un vero e proprio ossimoro, suggerisce come dall’orrore possa sempre scaturire qualcosa di positivo. Ci auguriamo quindi che il bene alla fine trionfi scacciando quanto di brutto e orribile continua a guastare la bellezza che ci circonda.