Il Papa incontra i partecipanti al 56.mo capitolo generale dell’Ordine degli Agostiniani Recolletti invitandoli ad affidarsi a Dio sullo stile di San Giuseppe: abbiate un “cuore di padre” e agite con “coraggio creativo”

“Camminiamo insieme ‘Io sono venuto perché abbiano la vita’”: è questo il motto che ha guidato la preparazione del Capitolo, il 56.mo, che la famiglia agostiniana dei Recolletti sta vivendo in questi giorni e che prosegue l’opera di rinnovamento e di rivitalizzazione carismatica già iniziata da tempo.

Papa Francesco saluta il priore degli Agostiniani Recolletti che gli ha rivolto un saluto

San Giuseppe: un cuore che si prende cura 

Incontrando nella Sala Clementina i partecipanti al capitolo, il Papa propone loro di proseguire il cammino di sinodalità intrapreso, contemplando ancora una volta la figura di San Giuseppe, Protettore dell’Ordine. Di questo santo “molto caro” sottolinea due aspetti:

In primo luogo, vorrei che tenessimo presente che ogni consacrato, ogni religioso, ogni sacerdote è chiamato, come Giuseppe, ad avere un “cuore di padre”, cioè un cuore inquieto che si preoccupa di amare e curare i figli e le figlie che gli sono affidati, soprattutto i più fragili, quelli che soffrono, quelli che non hanno avuto l’esperienza dell’amore paterno; e non riposare finché non li porti a Dio, all’incontro con Lui.

Per essere padri, osserva Francesco, è però necessario sentirsi figli, “figli del Padre celeste, che ci ama e sa di cosa abbiamo bisogno”. E invita i presenti a rivolgersi con fiducia a Lui che ascolta i desideri del cuore e indica la via da seguire.

Fiducia, coraggio e creatività

Il secondo aspetto su cui Francesco richiama l’attenzione dei religiosi è il “coraggio creativo” di San Giuseppe. Di fronte alle difficoltà lui seppe fidarsi di Dio e offrirgli tutto di sè.

E Dio, a sua volta, si fidò di Giuseppe e gli diede la sua grazia per portare a termine la difficile missione che gli stava affidando. Così oggi, come nel giorno della nostra consacrazione, portiamo all’altare tutto ciò che siamo, e permettiamo al Signore di trasformarlo in un “sacrificio vivente, santo e a lui gradito”. E, dopo questa oblazione, andiamo in missione con fiducia, coraggio e creatività.

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da Vatican News Adriana Masotti – Città del Vaticano