Quello dello Stretto,neanche a dire, di Messina , a meno di non voler scomodare altri canali ben famosi e altrettanto trafficati sulla faccia della terra, per non sembrare, come dire, provinciali , solo che…
Vuoi mettere la caratura mitico/letteraria di quello omerico,ove continua a fare qualche capatina da mane a sera il solito Ulisse tra virtute e conoscenza, è il meno che in questo peculiare periodo gli si possa comminare ,in realtà più una gloria che una pena da aggiungere a quel suo eterno, senza requie vagabondaggio che infine lo avvolge, accomunandolo,luci d’amuri e d’intelletto, al sommo anno dantesco , ormai nel pieno degli omaggi per il settecentesimo anniversario dalla morte del Poeta…
Ricordare giova come sempre….!
Ora che ci si ritrova nei luoghi giusti si può dare inizio all’ineguagliabile itinerario che da una leccornìa all’altra porta alla sublimità di mangiar bene come in una
prolusione artusiana
Ovvero,non sarà inusitato assistere a una vera e propria dissertazione cuciniera di quali e quante succulente pietanze, qualcuna,come è inevitabile, trasmigrata in parte nel regno della nostalgia alla missinisa, da cui provare a riconquistarla alle antiche magnificenze di sapori e odori,questi ultimi in specie,declamatori di meravigliose arguzie di gusti e ghiottonerie di ogni genere.
Secondo le regole dello stare a tavola ,si comincia di solito da quel primario cibo,fatto di pane, per un attimo lasciando da parte teo-fìlosofiche considerazioni sulla sua benedicente presenza sul desco imbandito come si conviene ad una vivanda , in arcaico termine riportato da vocabolari di lingua italiana, ancora e sempre in debito con il Tommaseo .
Quello di” Messina com’era e in gran parte com’è”, mena vanto ad ogni angolo di forno, e così capita di sostare con un po’ di pudico soppiatto per non rendere subito evidente che si sta lì ,da ferma , giusto un momento prima di entrare a scuola per le dovute cinque ore di lezione liceale, intenti ad annusare burrose fragranze di lievito sparse generosamente nell’aria grata di ricevere calda scia appena sfornata ,quasi subito intiepidendo in tutte le forme,le più fantasiose da profumate trecce a sinuosi sfilatini e rotonde da pagnotta
Che pare un dolce !
Un piccolo sorriso estatico ancora scaturisce intatto dai ricordi della nonna materna che attendeva di gustarlo nella sua masseria calabra al ritorno dai viaggi nella città peloritana, dopo il primo assaggio ergendo un tempio in onore del pane di Messina!
E il companatico?!
C’è/Est eccome, se si consente, ricalcando in fede quell’entusiastico per tre volte leggendario grido latinorum, peraltro con ossequiosa esatta pronuncia solo un pò guttural/ germanica, di esultanza , riservato all’italico nettare dell’ Alto Lazio,vino di ieri e di oggi!
Si inizia quindi con i principii…
Pellegrino l’Artusi pronto a soccorrere, sta per moderni antipasti !
Di primo mattino i rioni zanclei ,e ti pare che dopo il latino non si presenti il greco a reclamare la propria dose di imperio tra mito e storia in ugual tocco, in tal caso ciò deriva dal primigenio elementare nome di “ porto di falce”, si riempiono di sfiziosi umori , odorosi di stilemi rosticcieri in cui si sono cresciuti, avvoltolati dentro impareggiabili ripieni di riso e carnosi sughi con i piselli colando su dita specie bambinesche,ancorché impazienti di assaporare con goduria, sbucando dal verace arancino , innumerevoli generazioni e chissà quante ancora,ezìandio si spera!
Nondimeno inni di bontà vanno intonati anche al pitone,pregasi di riferire la dizione corretta con la “t”, riservando il posto d’onore ,in questa ideale classifica di golose maestrie, alla regina, in questi paraggi messinesi denominata
focaccia
con l’orgoglio e la fatica di dover spiegare a chi messinese non è che….
nulla ha a che vedere con la internazionalissima pizza del resto d’ Italia e dell’universo intero, essendo ella signora focaccia con tutti i crismi impastata all’ombra di Capo Peloro ,in una maniera alta ,soffice,fragrante, cosparsa di fresco pomodoro ma, ecco l’affondo da artista, solo e soprattutto di inequivocabile scarola… e non c’è altro modo di chiamarla, a malapena tollerando quello di indivia…..
Cosicché, dopo aver risolto il dilemma ,prima l’uno e poi l’altra in rapida successione, si divorano con perfetta beatitudine all’uscita dal su richiamato liceo,in orario particolarmente affamato ,circa le 14.00 p.m., finendo con il condizionare l’appetito da pranzo in famiglia e inesorabili i rimbrotti si abbattono sui titolari di tali gastronomiche tentazioni, figli adolescenti sempre più in vena di libertarie necessità….
D’altronde un vero peccato non gustare appieno le pietanze, quali?…si scoprirà a breve… preparate con cura ma andava anche così di quei tempi….
Scelta obbligata nella città dello Stretto, in effetti l’unico pisces nonpescato nelle sue acque turbinose,ovvero di adozione nordico-continentale è, in fatto di cucina marinara ,lo stoccafisso,pregevole in tutti i periodi dell’anno,a patto di denominarlo con il suo vero nome piscistoccu ,in tutte le salse e maniere acconciato sulle tavole della città falcata.
In realtà proveniente dalle glaciali,addirittura artiche, isole Lofoten norvegesi, dove chi scrive ha potuto ammirare il suddetto in posa da merluzzo, tale è alla fine,per quanto rigido e sussiegoso voglia mostrarsi nel gelido abbraccio del vento del nord , abbarbicato sulle facciate delle case in queste isole singolari ingentilite dal sole di mezzanotte.
Dopodiché, eccolo alfine comparire discretamente allampanato in sugosa conserva di pomodoro nella più linda delle trattorie storiche messinesi dei primi del novecento,alla “Don Fanu”, al secolo Epifano Fiumara, a far da indiscusso protagonista di memorabili ghiotte di sovrano accompagnamento gastronomico
E magari perché no,avrà tentato anche il preclaro Poeta Pascoli che soggiornò a Messina,a largo Risorgimento, nel periodo del suo insegnamento presso l’Università Peloritana, all’incirca nel quinquennio 1899/1904,proprio a due passi,di numero, dalla nostra rivendita di pescestocco.
Intanto,va ribadito con sottile rimpianto, le attuali preparazioni comunque apprezzabili, non sempre riecheggiano il miracoloso afflato,non è una gherminella da incontro con le esagerazioni dei ricordi,tra i ben noti ingredienti, come pietre miliari una per una immerse nel bel mezzo di rosso sugo da coprirci le patate a presidio dello stocco, quest’ultimo possibilmente senza lische,che altrimenti qualche non tanto timida protesta arriva dai commensali ,figliolanza in primis,che talvolta non gradisce questa onnipresenza giustappunto da….stoccafisso!
Ancora lui?! E stavolta pure in bianco per giunta…
Che delirio tutto questo prezzemolo….manifestando a mezza bocca,che di più non é permesso,seconda le ferree regole dell’educazione a tavola…
“Poche storie…. Si mangia quello che c’è nel piatto…..”
Di contro…
“Quando inizia la stagione del ….omissis….”
Il nome della principesca preda marina , incontrastata padrona di queste acque fascinose, aleggia accattivante a partire dal quasi estivo giugno fino alle feste di mezz’agosto,in un crescendo di eventi tra il sacro , laVara dell’Assunta con le sue devote professioni di intensa fede popolare , e il profano che, partendo dalla passeggiata di Mata e Grifone ,archeo-mitici Giganti fondatori della città trainati su cavalli/colosso di cartapesta per farsi ammirare nelle strade principali , finisce, come suol dirsi in gloria, ovvero a tavola con profusione di cibi preparati grazie alle più sontuose ricette della tradizione missinisa.
Che più e meglio del pescespada, paladino “sifioso” ,dice Linneo, alla corte di Re Nettuno dall’azzurra chioma e dall’astato tridente che sommuove le acque dello Stretto , con evidente riferimento al gladius chesovrasta in lunghezza il corpo dal guizzo argenteo, a pelo dell’onda .
“Riappaiono struggenti per l’insano caldo trance di animale marino castrato dal grido tradente della fiocina….”.
Chi scrive,come tutti gli adolescenti,nelle belle giornate marzaiole,già colme di sole e di azzurro dell’incipiente primavera isolana,sentiva forte il richiamo di togliersi,appena possibile,da quelle lezioni polverose,anche se amate,di studi classici e fare una capatina al Porto,per respirare la brezza,a volte indisponente,dello Stretto.
Manco a dirlo, il passo si dirigeva sempre verso quella certa rivendita ,bene in vista al centro del molo “Colapesce, anch’Egli,ai suoi tempi pescatore da leggenda,che offriva e insieme respingeva sanguinolento uno spettacolo di teste decapitate dall’ancor tepido riflusso marino, rimasto incastrato come ultima immagine vitrea nelle orbite schizzate,un attimo prima del colpo di grazia che l’arpone assesta a metà dorso.
Pendula giace la spada imbrunata dalla morte violenta, gocciando di sangue sull’impiantito della bottega dove giunge alla sua macabra conclusione quella favola antica ,appena disquisita a lezione di greco,che narra di guerrieri troiani travolti dalle onde nemiche e tramutati dalla sovrana pietà della bellissima nereide Tetide, madre di Achille, nelle sembianze di indomiti , irruenti pescispada “galeotti” che dimorano fertili nello Stretto,fin quando il naturale avversario umano non decida di dare inizio alla cruenta mistagogia rituale che prende nome di caccia ,in un clima di dignità storica sotto l’egida delle cronache di Polibio.
Dal grido “lu vitti”,alla inevitabile pregustata uccisione del Pesce,il passo è quello che conduce questo nobile corridore di tiepide acque sciroccate tra Scilla che latra e Cariddi vorticosa, a fare la sua trionfale apparizione nel convivio imbandito*(1)
“ Oggi il tempo era poco per cucinare lo spada, così abbreviato, e quindi ho pensato di prepararlo nella maniera semplice ma che tanto vi soddisfa…a bagnomaria…con gli odori giusti!
A tavola…
La padrona di casa,quasi sente il bisogno di giustificarsi per avere scelto una ricettina meno elaborata delle solite ,il massimo della sapidità golosa rappresentata dai delicati involtini ,morbidi da sciogliersi sul palato mentre si degustano….
Passami il salmurigghiu…
Per gli ingredienti, s’intende quelli certificati, di questa celeberrima salsina,rivolgersi a….
Spiace ma neanche l’Artusi può, che pure in queste righe abbiamo citato con fede…..
Si fa prima a venire direttamente all’ombra della Madonnina ,Maria SS. della Lettera, spesso Letterio/a peculiare nome di battesimo in quel di Messina,che benedice la città dal Porto ove sosta da decenni,dopo essere stata illuminata nientemeno da Guglielmo Marconi nel 1934…
Ma questa è un’altra storia…..
Dolce?!…. Siete troppo viziati ragazzi,sul serio…
Scene da un interno di normale desinare ,seduti comodamente davanti alle pietanze del momento…oramai sempre più desueto ma che fa?!
Oggi……attimo di piacevole aspettativa…..
Zibibbo
Davvero?!…in estasi…specie la figlia maggiore….
Il genitore con aria complice inizia a raccontare che, in un momento libero dagli impegni di ufficio è andato a ….l’unica località messinese, subito dopo Capo Faro, dove questa impareggiabile profumatissima uva dai grossi chicchi paglierini viene coltivata a due passi dal mare sulla rena bianca e soffice da una signora bassina e grassottella,bruttina anzichenò ,che quando li vede arrivare si commuove, anche per il guadagno che ne ricaverà a breve ,dato che la famigliola si porta via svariate quantità del suo zibibbo …
Difatti esso sembra loro non bastare mai….
“E non ricominciamo con le scorribande notturne in frigo”,tra il serio e il faceto….
Un’ esortazione non superflua, rivolta alla figlia maggiore,che a passi felpati, a quanto pare non troppo, apre insaziabile il frigo,familiari dormienti, servendosi a piene mani dei grappoli di zibibbo,ivi riposti per gli usi futuri…
Morale…la mattina dopo poco ne rimane…
Sconsolato ma in fondo soddisfatto il genitore che tutto aveva previsto….
Bisognerà tornarci ancora da quella signora,l’unica a esserne fornita….
“Vorrei venirci anch’io per ammirare come si annaca….é sempre la figlia maggiore che sciorina la sua attenzione al mondo circostante,ché il fratello minore al momento pare meno desideroso di commentare……
Che espressione assolutamente inappropriata per definire le poco aggraziate fattezze della proprietaria di zibibbo, usata dalla figlia con la più noncurante crudezza crudele propria di quell’età adolescenziale che non fa mai sconti ….
Altre epoche,altre uve……
Al posto dello zibibbo,ormai introvabile, oggi sorgono presuntuosi palazzi di numerosi piani et similia ,come in molte zone di Messina antisimica cui la catastrofe del 1908 pare avere insegnato poco o nulla…..
Basta fare un giro veloce sulla panoramica per rendersene conto de visu…..
Non si vuole qui annoiare il lettore con grevi considerazioni pseudo qualche cosa per cui torniamo velocemente a descrivere altre,sono tali e tante da perdere il conto, specialità culinarie della città dello Stretto….
Ore 12.30,nella piazza cuore della città : cremolata di fragole con panna,suprema goloseria in barba a tutte le etichette del bon ton che in quel momento della giornata avrebbero reso obbliigatorio sorbire un più prosaico aperitivo.
Ma di fronte alle mirabolanti prelibatezze isolane non ci sono regole che tengano,specie quando si ordina nel più famoso bar in capo allo Stretto e…al mondo conosciuto!*(2)
In realtà da quanto appena compitato,vien fuori a chiare lettere che potrebbe trattarsi di un voluttuoso fine pasto,immerso in quel fiore di latte che va sotto il nome di panna,la quale in Messina e dintorni assume una vaghezza ambrosiaca che in nessun altro luogo terracqueo…. zuccherosa e aromatica quel tanto non di più che altrimenti stona, sufficiente a regalare momenti di divina supremazia del gusto,letteralmente liquefacendo ogni feroce proposito di mantenimento della linea!!!
Una mezza con panna……
Oh no…con malcelato disappunto…ne voglio!!una intera…..
Risatella ineluttabile alle spese della parentela giunta nella città dello Stretto per la prima volta e che di questi frizzi e motti golosi non conosce il recondito armonioso significato che da queste parti approda sicuro verso una ,come sempre,impagabile granita di/al caffè,con panna sopra e sotto.
I punti esclamativi sono temporaneamente esauriti,anche quelli di riserva…..
Per gli altri gusti, dal limone alla mandorla…ecc…con l’arcifamosa brioche o no, un francesismo pagato a caro prezzo, ognora Vespri Siciliani, si va meno per il sottile.
E fortuna vuole che queste mirabilia si possano continuare a sorbire nella blasonata pasticceria che apre alla affezionata clientela in un angolo della piazza principale, ormai da più di un secolo ,con la medesima abilità dolciaria,veri pezzi di bravura i dolci di Messina, ancor più accurati e meno sdolcinati che negli altri luoghi isolani…
Sia consentita una non imparziale presa di posizione da parte di una nativa della città…..
Nondimeno quello delle specialità pasticciere e gelataie è un capitolo da scrivere a parte e forse avverrà!
Per il momento dovrebbero bastare queste non esaustive memorie di vita messinese, specialmente di quelle che ti passano a tavola,ove,cosi pare,non si invecchia.
“Canto,scherzo e arie da vaudeville, (Messina ,dopotutto ?)*(3)
Scopo finale di queste amene,si spera,considerazioni è quello di instillare il desiderio di recarsi a Messina che,per essere la prima delle province sicule che ti viene incontro dal mare, intanto ti regala da subito,ovvero già dalla traversata dello Stretto a bordo dei traghetti in servizio dal continente,costa calabra ,a quella isolana,un panorama tra i più straordinari e mirabili nel mondo.
Mirella Violi
*(1) Tratto da “La Bagnorota”, ricerca di Mirella Violi, prima e seconda edizione a cura del Comune di Bagnara Calabra;
*(2) Tratto da “Vent’anni in riva ad una canzone”, racconto di Mirella Violi,ed.
*(3) Tratto da “Idiili di Messina” anno 1882 di F.W. Nietzsche,
Foto Elio Cotronei e da Wikipedia
*coquinari: riguardanti l’arte del cucinare, dal latino coquere, cuocere