“Gioia Tauro –prosegue Arruzzolo – è l’icona delle difficoltà della regione, nonostante lo straordinario potenziale di sviluppo per la presenza del più grande hub portuale del Mediterraneo e per la istituzionalizzazione della Z.e.s. (Zona economica speciale), questioni su cui si è riacceso l’interesse nazionale, ultima in ordine di tempo, l’offerta di MSC di rilevare l’intera struttura portuale, scrivendo forse così la parola ‘fine’ ad una profonda lacerazione strategica in MCT che sta rischiando di inghiottire definitivamente il porto senza possibilità di ritorno. Il Presidente del Consiglio e il Governo – prosegue Giovanni Arruzzolo – devono necessariamente imprimere la necessaria velocità per favorire ogni processo di chiarezza tra Contship e Msc, per liberare dalla precarietà il lavoro dei dipendenti e le prospettive di sviluppo dell’intera area portuale che si dimostra quanto mai esiziale ad ogni ipotesi di allargamento delle attività imprenditoriali locali e internazionali che lì vogliono intraprendere e impegnare risorse. Detto questo, il Governo deve necessariamente riconsiderare l’impiego del porto di Gioia Tauro nelle dinamiche che si sono aperte con la firma del protocollo con la Cina che hanno, intanto, cristallizzato una nuova realtà che amplia le operatività dei retroporti di Trieste e Genova, siti, peraltro, intasati a dismisura, consentendo però alle merci di fabbricazione cinese di potere usufruire ‘a bocca di miniera’ delle reti e dei tronchi ferroviari già esistenti per instradare verso il cuore dell’Europa centrale i prodotti in arrivo via mare. Operazione che, invece – sottolinea Giovanni Arruzzolo – langue per Gioia Tauro, con collegamenti dal porto verso l’autostrada e la ferrovia che ancora non marciano a regime, anzi, continuano a rappresentare una delle tante criticità che asfissiano le attività portuali. Su Gioia Tauro – dice ancora Arruzzolo – non si gioca soltanto il futuro delle maestranze, ma un’autentica opportunità di sviluppo e di crescita finora sacrificata dal Parlamento e dai Governi nazionali che non hanno mai avviato una seria programmazione di valore nazionale sulle infrastrutture, preferendo salvaguardare l’esistente, che si chiami Genova o Trieste, dove le condizioni del territorio continuano a penalizzare l’approdo delle grandi navi transoceaniche, possibile invece a Gioia Tauro. E nel frattempo, Gioia Tauro sta subendo una sorta di accerchiamento: sulla ‘porta’ atlantica, con Tangeri, dove Contship ha investito ingenti risorse fino a farne l’attracco preferito per il transhipment a servizio delle grandi navi provenienti dal nord e sud America, e dal sud del Mediterraneo, con i porti di Limassol e Pireo, dove le grandi compagnie di trasporto marittimo cinesi hanno gettato le loro teste di ponte per conquistare i mercati europei, prospettando persino massicci investimenti per ferrovia e terrestre ai paesi della ex Jugoslavia per saltare, in prospettiva, anche il nodo di Trieste. In questo scenario, il porto di Gioia Tauro, se ben amministrato da un management unito, competente e buon conoscitore di quel che si muove nel mondo dei grandi trasporti marittimi, potrà avere un ruolo strategico per il nostro Paese, favorendo anche il riequilibrio territoriale, aprendo una pagina nuova per la Calabria ed il Mezzogiorno. Altrimenti, l’alternativa resterà la difesa ad oltranza del lavoro dei dipendenti, come è già successo in altre realtà industriali del Mezzogiorno, con prospettive di futuro prossime o uguali a zero”.