L’identikit del Capo dello Stato in base ai dettami della Carta fondamentale della Repubblica
Gianfranco Pagliarulo, presidente nazionale Anpi
In questi giorni sulla stampa e nel dibattito politico sulla elezione del nuovo Presidente della Repubblica si alternano nominativi spesso avanzati con approssimazione e qualche volta grossolanità. Non è certo compito dell’Anpi entrare in questa discussione che ancora una volta rivela una speciale debolezza della politica e una particolare propensione alla personalizzazione, spesso sorvolando sui doveri e sui poteri che afferiscono alla più alta carica dello Stato.
Vorrei perciò ricapitolare sommariamente ciò che la Costituzione prescrive in merito alle competenze e alle peculiarità del Presidente della Repubblica; da ciò infatti, e solo da ciò, declinato nella specifica situazione del Paese, si può desumere il ragionevole profilo della figura che è opportuno insediare sul più alto scranno della Repubblica.
In altre parole è meglio partire da una riflessione sui compiti e le responsabilità della figura del Presidente, rigorosamente esposte nella Carta, per arrivare poi all’individuazione della singola persona. È giusto che la politica segua vie più complesse, ma a condizione che il metodo sia rigorosamente rispettoso del testo costituzionale e non si riduca, specie nella drammatica contingenza in cui si trova il Paese e che rappresenta un unicum della storia nazionale dal secondo dopoguerra, a un deludente toto-presidente.
L’art. 54 secondo comma recita: “I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge”. L’onore rinvia ai valori di rettitudine e dignità, oltre che di onestà, da cui deriva fra l’altro il termine onore dal punto di vista etimologico. La parola disciplina allude alla rigorosa osservanza di un complesso di norme di varia natura. Va da sé che il primo cittadino a cui sono affidate funzioni pubbliche è il Presidente della Repubblica. È di conseguenza irragionevole immaginare che una persona che non si sia distinta per – appunto – disciplina e onore sia indicata per assumere tale altissima responsabilità. In questo caso, infatti, verrebbe meno un carattere essenziale che va attribuito alla figura del Presidente e che è quello dell’autorevolezza.
Il Presidente della Repubblica rappresenta l’unità nazionale, recita l’art. 87. Di conseguenza tale figura per definizione, rappresentando l’unità nazionale, non può essere rappresentativa di una parte politica, come il presidente o il segretario di un partito, e comunque occorre che attorno al suo nominativo si raccolga il più ampio consenso possibile, e che la sua persona sia vista dalla larga opinione pubblica come figura unificante e unitaria, oltre che come esempio di correttezza e di impegno civile e sociale. Sia chiaro che questa rappresentazione dell’unità nazionale non è concepibile come un nebuloso punto intermedio fra opinioni opposte, perché dev’essere saldamente ancorata ai valori costituzionali. Non ci può essere, per esempio, una via di mezzo fra solidarietà ed egoismo sociale, fra democrazia e autoritarismo, fra fascismo e antifascismo. Ed è altrettanto evidente che il Presidente, nel momento in cui diventa tale, pur non abdicando alle sue personali convinzioni politiche, si mette al servizio di un solo dominus, la Costituzione. Ciò che deve manifestare, come sottolinea Gianfranco Pasquino, è autorevolezza (come accennato) e indipendenza, il che vuol dire che egli dovrà essere del tutto autonomo dal consenso attribuitogli da questo o quel partito, e assieme interprete e formatore del sentire comune, del sentimento popolare. In sostanza l’unità nazionale non è “una nozione neutra, amorfa, ma piena di contenuti” (Gustavo Zagrebelsky). Aggiungo che sarebbe bene che i Grandi Elettori, fermo rimanendo l’intoccabile carattere di secondo grado delle elezioni presidenziali, non si limitino a rappresentare le pur essenziali loro opinioni, ma ascoltino ed interpretino il buon senso popolare, le propensioni dei movimenti, delle associazioni, dei sindacati, del mondo della cultura e del lavoro. Nella grave situazione attuale dell’Italia, in ragione della attuale fragile tenuta della sua coesione sociale, questa rappresentazione dell’unità nazionale nella figura del Presidente è una necessità imprescindibile ed urgente.
Il Presidente della Repubblica “presiede il Consiglio Superiore della Magistratura” (art. 87 e 104); il che non solo presuppone una figura in grado di garantire l’autonomia e l’indipendenza della magistratura da qualsiasi altro potere (art. 104), ma esclude a rigor di logica qualsiasi persona che sia stata condannata in via definitiva, a maggior ragione per reati che abbiano comportato un danno per lo Stato. In una parola, per usare un aggettivo desueto, il Presidente dev’essere una figura integerrima.
Il Presidente della Repubblica “ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere” (art. 87 Cost.). Mai come oggi, al tempo in cui spira il vento di una nuova guerra fredda, occorre una figura che difenda la pace nel mondo e che operi per evitare ogni coinvolgimento bellico del nostro Paese, nel pieno rispetto dell’art. 11 della Costituzione: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Troppe volte dall’inizio del nuovo millennio il Paese è stato coinvolto in conflitti, che si sono dimostrati strumentali e che hanno determinato conseguenze catastrofiche e durature nel tempo.
L’art. 91 della Costituzione recita: “Il Presidente della Repubblica, prima di assumere le sue funzioni, presta giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione dinanzi al Parlamento in seduta comune”. Ciò esclude qualsiasi persona che intenda, o ragionevolmente abbia inteso nel recente passato, cambiare la Costituzione con procedure difformi da quelle previste dall’art. 138 della Costituzione, per esempio attraverso l’elezione di un’assemblea costituente. Ma, dato che proprio l’art. 138 consente, in base a una determinata procedura, l’approvazione di leggi di revisione della Costituzione, cioè dell’eventuale apporto di modifiche o correzioni, è da escludere anche la costituzionalità di cambiamenti che in modo esplicito o implicito si propongano di dar vita da una nuova Costituzione. Da ciò deriva una opportuna riserva democratica verso chiunque avanzi proposte di alchimie costituzionali tese di fatto ad abbandonare la Carta del 1948.
Il Presidente della Repubblica deve rispettare lo spirito e la lettera della Costituzione che è dichiaratamente antifascista. Non mi riferisco solo alla XII Disposizione finale che vieta la ricostituzione del partito fascista sotto qualsiasi forma. Mi riferisco all’intera Carta che disegna una società ed uno Stato in base a criteri specularmente antitetici ai criteri del fascismo, basti pensare ai temi del razzismo, della pace e della guerra, del ruolo della donna, della democrazia e della dittatura, delle libertà, dei partiti, dei sindacati, delle minoranze, delle autonomie, della scuola e formazione. Lo Stato e il governo fascista sono l’esatto contrario dello Stato e del governo costituzionale. Come è scritto in un recente comunicato del Forum delle Associazioni antifasciste e della Resistenza, “la Costituzione italiana è dichiaratamente antifascista”; “per questo motivo il nuovo Presidente della Repubblica dovrà essere scelto tra le personalità che si riconoscono pienamente e senza riserve in tali valori di democrazia, libertà, giustizia sociale, solidarietà, pace”.
In sostanza il Presidente della Repubblica deve essere esempio in un tempo di crisi profonda della politica e di larga disaffezione popolare verso le istituzioni democratiche, dev’essere fedelissimo custode della Costituzione repubblicana al fine che essa non venga disattesa, anzi, che sia finalmente e integralmente applicata, deve rispettare rigorosamente la natura parlamentare della Repubblica contrastando qualsiasi opzione presidenzialista, deve di conseguenza contenere rigorosamente la sua azione nei limiti delle sue responsabilità costituzionali, deve fare delle parole dell’antifascismo il suo vocabolario quotidiano (è appena il caso di ricordare che il primo gesto istituzionale del Presidente Mattarella all’atto del suo insediamento fu l’omaggio ai martiri delle Fosse Ardeatine).
Viviamo un tempo di crisi. Facciamo sì che l’elezione del Presidente della Repubblica sia un visibile e positivo segno di svolta e di rafforzamento della democrazia.
Gianfranco Pagliarulo, presidente nazionale Anpi
Aricolo PUBBLICATO MERCOLEDÌ 19 GENNAIO 2022 su Patria Indipendente