Per la prima volta, nel corso di quest’anno, le esportazioni alimentari italiane sono stagnanti soprattutto per effetto del crollo del 17,1% in Gran Bretagna causato dalla svalutazione della sterlina legata alle ipotesi di “Brexit” senza accordo del Regno Unito dall’Unione Europea.
È quanto emerge da una analisi della confederazione nazionale dei coltivatori diretti sulla base dei dati Istat sul commercio estero relativi al mese di giugno, secondo i quali a risentire delle tensioni tra Londra e l’Unione Europea è anche l’intero export tricolore, che subisce un decremento pari al 2,4% rispetto allo stesso mese del 2018.
Secondo Coldiretti, la situazione potrebbe peggiorare, in caso di “No Deal” cioè con l’arrivo di dazi e ostacoli amministrativi alle esportazioni, ai quali si andrebbero a sommare problemi per la tutela giuridica dei marchi dei prodotti alimentari italiani più conosciuti. Questi, senza protezione europea, rischiano di subire la concorrenza sleale dei prodotti di imitazione da Paesi extracomunitari, oltre al pericolo che si affermi una legislazione sfavorevole al cibo “Made in Italy” in Gran Bretagna che risulta essere il quarto cliente dell’Italia nel settore agroalimentare.
Le tensioni internazionali pesano anche sul mercato cinese dove, sempre secondo Coldiretti, i prodotti italiani perdono oltre un quinto delle vendite in valore (-21,6%) anche per l’effetto delle politiche monetarie adottate dal governo cinese.
Non si arresta, invece, la corsa dell’export verso gli USA, che si conferma come primo mercato di sbocco al di fuori dell’Europa, con una crescita delle esportazioni pari al +5,1%, sulla quale incombe però la minaccia dei dazi annunciati dal presidente degli Stati Uniti che andrebbe a colpire oltre il 50% del cibo “Made in Italy”.
Infine, si registra la crescita del 6,1% delle esportazioni alimentari in Francia, alla quale fa però da contrappeso il crollo del 7,9% in Germania.