Questo documento, ritrovato in originale e dattiloscritto, ci viene inviato da persona, che vuole restare anonima, con la seguente considerazione: L’articolo non porta data, certamente è stato scritto da don Arcadio Vacalebre nel periodo in cui ha vissuto a Bova Marina. Chissà se è stato pubblicato in qualche giornale o rivista? Potrebbe essere interessante sotto  vari aspetti la sua visione di Bova Marina e l’amore per la sua città.

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Chi viene dalla superstrada di Reggio, dopo la marina di Condofuri, vede aprirsi nell’ampia distesa dello Jonio, una vasta insenatura, quasi piccolo golfo, che lambisce la spiaggia di Bova Marina e si chiude appena fuori dell’abitato, a Capo San Giovanni o Rocca del Capo.

La rada diviene un porto naturale, rifugio di imbarcazioni, pescherecci e di qualche nave che evitano così l’urto delle tempeste navali.

Sul Capo san Giovanni, superata la SS. 106, ci si inerpica per una stradetta, su, fino alla sommità di una collina, aperta sul mare e sull’estremo orizzonte, con una visone panoramica bellissima; durante il giorno si vedono riflesse, come in uno specchio, nel mare, le case più alte dell’abitato di Bova Marina  e, nelle notti di luna piena, quando il mare diventa di un luccicare d’oro e d’argento, l’occhio è rallegrato dai giochi di luce dei raggi lunari.

  Nel sommo della collinetta,accanto ad una torre di guardia, non completamente diruta, che risale al periodo delle incursioni saracene, si trova una chiesetta con un piccolo “campanile”, che ha una sola campana. È la chiesetta della “Madonna del mare”, che malgrado qualche relativo restauro, va sempre più deteriorandosi.

  Essa è costruita dai Coniugi Marzano, famiglia di origine costantinopolitana, venuta nelle nostre terre durante il dominio dei Turchi. I Marzano, dopo aver donato quasi tutti i loro beni all’orfanotrofio “C. Marzano”, compresa la collina di Capo San Giovanni, hanno voluto riconsacrare quei luoghi, già destinati dai Barbari e profanati nella loro crudeltà, costruendo la Chiesetta nella quale vollero essere sepolti.

  Sul piccolo altare della chiesetta domina una tela, di un certo valore, più storico che artistico, rubata da ignoti ladri e poi restituita per via misteriosa dopo qualche tempo; è stata allora restaurata ed inserita in una splendida cornice, tempestata di oro zecchino, donata da una concittadina di Bova residente a Roma che, per voto, con una spesa non indifferente, la fece realizzare da un abile artigiano romano. Ricollocata, con qualche cautela, sull’altarino della chiesetta, è ancora oggi oggetto di venerazione da parte di pellegrini e turisti che sostano, con le numerose macchine in transito da Reggio per Locri, Catanzaro e Taranto, nella rotonda della nazionale e s’inerpicano per la collina fino alla chiesetta per pregare ed animare il meraviglioso panorama.

  La tradizione vuole che la tela della Madonna provenga dall’Oriente e che fu trovata nella rete dei pescatori locali, che, già numerosi alla fine del secolo, abitavano sulla spiaggia nel piccolo villaggio che poi, accogliendo quanti si trasferivano da Bova Superiore al mare, costituì la nuova cittadina di Bova Marina. I pescatori hanno subito denominata quell’immagine “Madonna del Mare” e ne hanno una particolare devozione, invocandola perché li scampi dalle tempeste che qualche volta mettono a repentaglio la loro vita.

  Più tardi cominciò la tradizione della Madonna del Mare con la processione devota  e con altre celebrazioni che crebbero man mano che il paese si trasformò in una delle più ridenti cittadine della costiera Jonica. I Marinai hanno voluto sempre l’onore di portare a spalla la “Vara”, sia nelle processione di andata verso il paese, con sosta nella Chiesa Parrocchiale, sia nella via del ritorno, via mare, con corteo di barche, adornate a festa, fino all’approdo tra gli scogli del Capo.

La spiaggia animava in quei giorni di bancarelle con i caratteristici dolci calabresi, con prodotti tipici della zona;  bar improvvisati, di cui uno, più grande, in una grotta, ancora oggi evidente, sulla spiaggia. Non mancavano balli popolari e danze calabresi su una pista di cemento, ricavata sulla spiaggia e divorata, nell’inverso dal mare, è poi ricostruita per la festa dell’anno successivo; si susseguivano altre manifestazioni, che oggi chiameremo polisportive, ma allora fino alla guerra del ’40, consistevano in giochi vari, corse di barche e gare di nuoto; i giochi invadevano la nazionale sovrastante sulla quale il traffico di macchine non esisteva e su giù per la collina.

Arrivavano dai paesi vicini con calessi, carrette e vetture: così venivano chiamati i cavalli, i muli e soprattutto gli asini. Il numero più atteso delle gare era appunto quello della corsa degli asini.

Per l’occasione la gioventù del “loco” si dava convegno al Capo San Giovanni, per l’incontro di primavera, che diventava la ricorrenza più popolare, più gradita e più solenne dell’anno e faceva vivere ore di serenità e di letizia.

Qualche studioso della storia dell’antica  Delia, il nome  di Bova ai tempi della Magna Grecia, da non confondersi con la città di Delianova a 50 km da Reggio, vedeva la festa della “Madonna del Mare” come la ripresa di una festa pagana, che si celebrava attorno al piccolo porto, di cui gli studiosi vogliono vedere ancora le vestigia in qualche rudere o scoglio immerso nell’acqua. Qui nell’antichità le fanciulle dei paesi interni per festeggiare Afrodite, la dea del mare di cui esisteva, secondo gli storici, un tempietto nella sommità della collina; si bagnavano nelle acque limpide festeggiando la primavera con danze e …. Amori primaverili.

  La festa della Madonna del Mare diventò tradizione e durò intatta fino alla guerra del ’40, sia pure con adattamenti adeguati ai tempi; si prese lentamente nel 1947 con le sole manifestazioni religiose, sino a quando si ricominciò con la solennità di prima, sia per l’insistenza dei Bovesi, sia per la volontà degli Emigrati del paese che erano abituati a rivedere periodicamente la loro terra, facendo coincidere il loro ritorno con quella occasione e mandavano abbondanti offerte per coprire le spese perché si potesse celebrare quello che per loro era un rito, legato ai ricordi della loro infanzia. 

  Un primo segno di buona volontà si ebbe il giorno dell’Ascensione, 30 maggio 1950, quando, per iniziativa dell’Oratorio Salesiano , fu collocata a mezza costa del promontorio, visibile ai passanti  della Nazionale, un’icona di ceramica della Madonna, sistemata in una piccola nicchia, e si radunarono  intorno ad essa, coi giovani, anche moltitudine di fedeli e automobili e mezzi di trasporto che fermarono il traffico della Nazionale. Rimaneva però l’impegno di riprendere le tradizioni del passato. Si aspettò ancora alcuni anni ed il problema si ripresentò quando alcuni notabili del paese, certamente non per motivi religiosi, proposero di spostare sulla Rocca del Capo la statua di Maria Ausiliatrice, che secondo loro, dava fastidio nella Villa comunale. La popolazione reagì e se ne rese interprete il Parroco del tempo con una lettera alla Gazzetta del Sud (11.05.1960). Sorse allora l’idea di collocare sul promontorio una statua in bronzo della Madonna del Mare. Si costituì successivamente un comitato che preparò il progetto e la realizzazione della statua della Stella Maris. Il Comitato, voluto dal Parroco del tempo, che prese a cuore l’iniziativa, fu presieduto da un cittaino di Bova Marina residente  a Roma, l’Ing. Michele Nesci, che mobilitò i Bovesi, gli emigranti e la Autorità locali e nazionali, per la realizzazione dell’opera d’arte, la cui collocazione sul promontorio avvenne il 2 maggio 1965.

  La statua è opera dello scultore Celestino Petrone, misura metri 3,50, oltre la base, pesa circa 7 quintali ed è stata fusa a Roma, nei laboratori dei fratelli Nicci; la spesa fu di circa 3 milioni. L’autore si è ispirato, per la sua opera d’arte, alla iconografia tradizionale, però con soluzioni moderne: proporzioni, movimenti ed espressioni sono stati calcolati e studiati tenendo conto del maestoso paesaggio che circonda il monumento, dal mare ai monti di Bova. Il giudizio della critica è che si tratta di un’opera di grande pregio artistico , pervasa da sentita ispirazione religiosa.

  L’originale in gesso della statua veniva donata al Sindaco di Delianova, città sorella che, dopo la distruzione dell’antica Delia, ne prese il nome. Non va dimenticato però che essa ebbe origine anche Bova Superiore come si legge nella lapide del 1735 che si conserva nella chiesa parrocchiale di Delianova. .

  Nell’intenzione di chi volle la statua della Stella Maris rientrava anche l’idea di chiedere alla Capitaneria di Porto un faro, intermedio tra quello di Capo delle Armi e Capo Spartivento, che illuminasse la statua e segnalasse la rotta alle numerose navi che passando all’orizzonte sono dirette ad Oriente.

  Il 2 maggio 1965, giorno della collocazione della statua sul piedestallo preparato con roccia del luogo, fu un giorno veramente memorabile. La statua che all’arrivo era stata accolta con una celebrazione religiosa, fu benedetta dall’Arcivescovo di Reggio, Mons. Ferro e fu poi elevata da un elicottero dell’Aeronautica Militare, concesso dal Ministero della Difesa; la giornata di vento rendeva rischiosa la manovra per le oscillazioni dei cavi che reggevano la statua. Tutta la popolazione era con il fiato sospeso, quando la statua fu collocata sulla base e saldamente fissata.  Fu uno scoppio di applausi della marea della gente che aveva assistito dalla Nazionale, dalla spiaggia; l’eco si ripercuoteva nel paese dove sui balconi, sui terrazzi, erano rimasti quanti non avevano potuto recarsi sul posto per assistere a quell’insolito spettacolo di abilità del Comandante dell’elicottero e dei suoi collaboratori, spettacolo che divenne un gesto religioso, accompagnato dalla trepidazione e dalla preghiera di tutti.

  Le feste si tramandano alla prima domenica di agosto, per poterle meglio preparare. Questa data divenne poi tradizionale ogni anno, trasferita dalla festa dell’Ascensione, per farla coincidere col il periodo delle ferie estive ed attirare turisti di tutta la fascia costiera, da Reggio Calabria a Locri, Siderno e Roccella.

  Si calcolò che il giorno della collocazione della statua la marea di gente fosse di parecchie migliaia di persone e anche negli anni successivi fu imponente la partecipazione di gente, proveniente dai vari centri della costa Jonica. Le feste ebbero inizio solenne con manifestazioni religiose, presiedute quasi sempre dai Vescovi e Arcivescovi succedutosi alla guida della Diocesi di Bova, unita poi temporaneamente ed ora definitivamente alla Archidiocesi di Reggio; interessanti le  varie manifestazioni  folkloristiche, sfarzose le illuminazioni, dal Capo Stella Maris e al centro del paese.

  Si iniziò la consuetudine della benedizione delle imbarcazioni piccole e grandi, radunate numerosissime nella rada antistante, e nei primi anni con la presenza dei dragamine della Marina Militare che aveva voluto onorare la protettrice del mare; non manco, nel giorno della inaugurazione, il volo della pattuglia acrobatica dell’Aeronautica militare. Dopo il 1965, negli anni seguenti fino ad oggi, pur se non sempre con la stessa solennità, quasi ininterrottamente , la tradizione viene conservata, suscitando la devozione crescente nei fedeli ed attirando sempre anche chi intende solamente prendere parte alla festa popolare.

  Intanto fu sistemata sempre meglio la strada che conduce alla “Stella Maris”, vi furono collocate decorose ringhiere, disegnate dai nostri valenti artigiani del ferro con il simbolo della stella marina e

Rese più agili dai colori del ceruleo mare. Furono costruiti muriccioli attorno alla sommità della collina per evitare i pericoli dello strapiombo della roccia e soprattutto fu data una, seppur provvisoria, sistemazione della chiesetta, che però, dopo tanti anni andrebbe meglio sistemata e forse anche ingrandita ed illuminata per permettere una più decorosa accoglienza. Così pure andrebbe meglio sistemata la collina, con impianti boschivi, a cura della Forestale, per creare un’oasi verde in questa arida terra fatta di creta e di roccia, per tutelare l’ambiente e dare respiro ecologico a tutta la zona.   Già nel passato alcuni privati avevano tentato di acquistare la collina e, non tutti disinteressatamente, progettata una strada a senso unico che collegasse dalla collina  al mare, alla Nazionale 106, che oggi è vicino alla superstrada.

  L’attrattiva della spiaggia sottostante  al monumento vi convoglia molti turisti. Purtroppo l’arenile è ridotto dalle mareggiate che s’infrangono nell’unica banchina del porto, costruita da circa 20 anni, e mai condotta al termine che con la continua erosione del mare è avvenuta, con conseguente degrado idrogeologico per tutta la zona.

  Uno di quei privati di cui sopra, che però agiva più per amore della sua terra che per interessi personali, sognava una strada che potesse accogliere le automobili in transito, sino alla collina, e disseminare lungo quella strada le edicole dei misteri del Rosario, distribuite in modo che i pellegrini che volessero raggiungere la vetta a piedi, vi arrivassero quasi senza accorgersi, pregando per implorare la pace a questo mondo martoriato, per la cessazione della violenza e delle sopraffazioni, particolarmente in questa terra di Calabria, che ha tanti problemi di carattere sociale da risolvere, per cui i nostri giovani, guardano all’avvenire senza prospettive e forse qualcuno senza speranza. Potrà questo sogno diventare un giorno realtà?

CONCLUSIONI.

Alla luce di quanto esposto, bisogna che sia messo in evidenza la prospettiva turistica e socio-economica, oltre che religiosa della iniziativa di cui sopra.

L’aspetto religioso, legato alla chiesetta ed al monumento della Stella Maris, può essere anche uno stimolo per la valorizzazione della benemerenza dei benefattori Francesco e Caterina Marzano che lasciarono i loro beni per un orfanotrofio ed un’opera delle Figlie di Maria Ausiliatrice, hanno contribuito alla promozione umana e cristiana della gioventù.

  L’aspetto turistico va anche guardato in prospettiva sia del costruendo porto che della superstrada che potrà collegare più facilmente la zona costiera da Reggio a Locri al Capo Stella Maris; alla chiesetta ed a una zona verde di gran valore ecologico.

  L’evolversi dei progetti di ristrutturazione darebbe certamente un notevole incremento al turismo, concentrando nella nostra zona un’attività che forse oggi è deviata altrove.

( don Arcadio Vacalebre, pubblicista – nato a Bova il 26.07.1922 e morto a Bova il 24.11.1988)