«…..Lo scatto arrivò troppo tardi perché lui non riuscisse ad afferrarle il braccio con una forza inaudita e inimmaginabile. La teneva e la trascinava giù per il sentiero e il ginocchio le faceva male sempre più e non sapeva come muovere la gamba.…. Urlava no, no e ancora no e in un angolo ancora lucido della sua mente albergava la consapevolezza di come la storia fosse destinata a non cambiare mai, leggenda dopo leggenda, secoli dopo secoli, in un susseguirsi e ciclico ripetersi delle stagioni. Fu il cespuglio di agave sulle rocce a sentire il suo ultimo no e ancora no mentre un enorme sasso la colpiva ripetutamente. Ma era no. Le donne lo dicono.»
(da “Le Donne lo dicono” di Lucia Lo Bianco)
Voglio una stanza tutta per me
Racconta una storia che l’8 marzo del 1908 le operaie dell’industria tessile “Cotton” di New York rimasero vittime di un incendio all’interno della fabbrica dove protestavano contro i datori di lavoro. In realtà l’incendio sarebbe divampato due anni più tardi, nel 1911, e la fabbrica sarà la “Triangle”. Furono soprattutto donne le vittime e sarà l’inizio di una riflessione sulle conquiste politiche, sociali ed economiche del genere femminile. Già nel 1907 a Stoccarda e nel 1908 a Chicago si era discusso del voto alle donne e Corinne Brown aveva guidato l’organizzazione del “Woman’s Day“, in cui si era parlato dello sfruttamento dei datori di lavoro nei confronti delle operaie.
Ha ancora senso oggi la giornata della donna? Possiamo davvero parlare di evoluzione nel campo delle conquiste politiche e sociali a partire da quel settembre 1944 in cui l’UDI (Unione Donne Italiane) propose l’8 marzo come possibile data commemorativa? È indubbio che la donna abbia assunto un ruolo centrale nella società occidentale ma numerose sono ancora le mancanze di un sistema che ragiona in termini di “quote rosa” da assegnare, invece che riferirsi a “persone” senza distinzione di genere. Tante purtroppo le discriminazioni sessuali presenti in diversi paesi del mondo.
Le donne sono però le vere protagoniste di una realtà che le vorrebbe, al contrario, ancora relegate a ruoli marginali. Sono le mogli, le madri, le sorelle e le figlie. Sono quelle che continuano a portare il peso di scelte maschili e a subirne le conseguenze. Basti pensare al conflitto divampato in questi giorni in Ucraina, un conflitto che secondo i più forse non sarebbe davvero scoppiato se fossero state le donne a guidare la politica delle superpotenze che decidono il destino dei popoli. Adesso le donne di Kiev agiscono, lottano proprio come gli uomini, decise a non lasciarsi sopraffare da un conflitto con conseguenze disastrose per le loro famiglie. Sono donne forti che non si arrendono, in grado di generare vita in un contesto di morte: in una stazione della metropolitana, rifugio improvvisato per i civili, lo scorso venerdì è nata una bambina.
L’8 marzo si compreranno mimose, un fiore di stagione a suo tempo scelto per la sua semplicità. Altre indosseranno scarpe rosse, a memoria delle vittime dei tanti femminicidi che tormentano ancora le cronache e ci fanno capire che la strada da percorrere è ancora tanto lunga. Si tratta di riti reiterati, quasi una tradizione che rimarrebbe un contenitore vuoto senza un ripensamento di quanto ancora vada fatto e costruito prima di raggiungere la tanto agognata parità. Le parole della scrittrice inglese Virginia Woolf non possono non tornarci in mente a questo punto. Nel suo saggio “Una stanza tutta per sé”, la Woolf contesta l’idea che le donne non avessero prodotto quanto gli uomini nella storia. In realtà a loro non era stato mai riservato un vero spazio personale, una privacy cui tutti oggi, invece, pensiamo di aver diritto. Pretendiamola quindi quella stanza tutta nostra dentro cui costruire un mondo migliore all’insegna delle donne.