La forchetta In padovano si chiama «piròn», una parola di derivazione greca, infatti anche nel greco moderno si chiama piruni, peiron nel greco classico vuol dire infilzare e in neogreco si legge piron, pronuncia tronca. E in grecanico? To pirùni, la forchetta.
Fino al XVIII secolo si mangiava con le mani e spesso nel medesimo piatto quindi era obbligo lavarsele prima e dopo aver mangiato .
Gli Ebrei ne avevano fatto addirittura un obbligo rituale. Un ricordo se ne ha nei Vangeli.
Riportiamo frasi di Matteo, 15 e Marco, 7). Alcuni Farisei e Scribi rimproverano a Gesù che i suoi discepoli non si lavavano le mani, com’era prescritto, prima di mangiare ed egli risponde che non e ciò che entra per la bocca che fa danno all’uomo, ma ciò che ne esce venendo dal cuore se è malefico.
E’ opinione che l’usanza della forchetta sia venuto da Bisanzio (Costantinopoli) a Venezia attorno al secolo undicesimo. Una principessa bizantina, Maria Argyropoulaina, nipote dell’imperatore Basilio II, sposa Giovanni Orseolo, figlio del doge Pietro II, effetto di una alleanza tra Venezia e Costantinopoli. In quell’occasione attira l’attenzione su di sé usando una forchetta d’oro a due rebi durante il pranzo.
Naturalmente come ogni novità fa rumore a cominciare dalle onnipresenti autorità religiose che lo considerarono subito un arnese diabolico, perché ricordava il forcone con cui è associato il diavolo
Ma, si sa, le comodità alla fine hanno la meglio.
Dopo la forchetta a due rebi passò molto tempo per arrivare a quella a tre e addirittura si giungeva alla seconda metà del 1700 per arrivare all’attuale a quattro. Ferdinando I di Borbone, il corpulento re Bomba, ne determinò il cambiamento, realizzato in pratica dal suo ciambellano, perché consentiva di attorcigliare meglio gli spaghetti di cui era ghiotto.
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