“Il futuro delle politiche di coesione – con le prospettive, i rischi, le preoccupazioni, ma anche le opportunità e le speranze – è da tempo al centro del lavoro della nostra Conferenza. Non potrebbe essere diversamente, perché l’Europa è la nostra radice, il nostro presente e il nostro futuro”. Lo ha affermato il presidente del Consiglio regionale della Calabria, Nicola Irto, aprendo i lavori del seminario su “Politiche di coesione e PAC post 2020” che si è tenuto a palazzo Tommaso Campanella, in concomitanza con lo svolgimento a Reggio della sessione plenaria della Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative regionali e delle Province autonome.
“Il confronto tra le Regioni, la Commissione e le altre istituzioni europee riguarda strettamente le prospettive di sviluppo delle comunità regionali e delle aree urbane che, a nostro avviso, non sono garantite dall’impostazione data al Quadro finanziario pluriennale, alla politica di coesione e alla politica agricola comune per il settennato 2021-2027 – ha aggiunto Irto -. E stamattina la Plenaria ha adottato un ordine del giorno proprio su questi temi, ribadendo, nel preambolo politico che ho fortemente voluto, la nostra inderogabile collocazione europeista”.
Il presidente ha aggiunto: “Riteniamo sbagliata la riduzione del bilancio della politica di coesione, della politica agricola comune e dei programmi di cooperazione territoriale. Consideriamo poco lungimirante la scelta del principio della flessibilità del bilancio e difficilmente attuabile la revisione del bilancio di metà periodo, considerata la natura degli investimenti strutturali che sono, per definizione, oggetto di una programmazione di medio-lungo periodo; così come la pensiamo diversamente sulle modifiche ai termini di rendicontazione della spesa certificata, che aumenteranno il disimpegno delle risorse ma difficilmente accelereranno i processi. Auspichiamo inoltre indicazioni più puntuali e approfondite sulla condizionalità relativa al rispetto dello Stato di diritto che, così com’è, risulta generica e oscura”.
Secondo il presidente del Consiglio regionale, “una preoccupazione di fondo è quella che attiene alla riduzione della quota di cofinanziamento. Da presidente del Consiglio di una regione del Sud, considero questo scenario, unito alle attuali modalità di allocazione delle risorse del bilancio nazionale, potenzialmente esiziale per alcune realtà del Mezzogiorno come la nostra. L’indebolimento delle politiche di coesione e della politica agricola comune – ha continuato Nicola Irto – non rafforzerà le prerogative delle istituzioni centrali europee; semmai, aumenterà le spinte centrifughe, rallenterà i processi di recupero del ritardo di sviluppo e metterà in discussione il raggiungimento di obiettivi fondamentali per il futuro dell’ambiente, che ci stanno particolarmente a cuore, come quelli fissati nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e gli impegni assunti con l’Accordo di Parigi”.
“In queste condizioni – ha incalzato Irto – si rischia di avere non più un’Europa di serie A e una di serie B, ma un’Europa di A, una di B e, purtroppo, anche una di serie C. Nella quale, fatalmente, rischieremmo di veder scivolare le nostre regioni, nonostante tutti gli sforzi che stiamo compiendo. Mi domando, allora, che fine abbia fatto il sogno dell’Europa con cui siamo cresciuti: l’Europa dei giovani, della pace e della cooperazione, preconizzata nel Manifesto di Ventotene; un’Europa senza frontiere, moderna e orientata allo sviluppo sostenibile, ma soprattutto ispirata ai principi di eguaglianza, libertà, giustizia e solidarietà. Oggi, l’impostazione che viene data alla nuova politica di coesione e alla politica agricola comune ci espone al rischio di sconfessare i principi e valori fondanti della nostra identità europea, favorendo le spinte alla disgregazione dell’Unione che rifiutiamo e che purtroppo continuano a farsi sentire, nonostante il radicato sentimento di appartenenza all’Europa che, recentemente, anche i cittadini della Gran Bretagna hanno manifestato con forza”.
“E’ una strada, quella della disgregazione, che non intendiamo percorrere. Vogliamo che continui a vivere il sogno di un’Europa che ha il proprio cervello a Bruxelles, ma il cui cuore pulsa qui: nelle regioni, nelle città metropolitane, nelle realtà periferiche, dove un ponte, una strada, un progetto di integrazione sociale, un aiuto all’agricoltura danno la concreta e quotidiana percezione del nostro status di cittadini europei. Per far vivere questa Europa, è necessario continuare a far battere il cuore dei territori. E’ una battaglia nella quale continueremo a impegnarci quotidianamente – ha concluso il presidente Irto – consapevoli del fatto che dal suo buon esito dipende il futuro di tutti noi”.