Gli attori.

Cotronei

Il Prof.Pasquale Casile con la sua ricerca su naca e nacatuli ha occupato la parte centrale, il prof. Elio Cotronei, giornalista, come moderatore ha potuto soltanto accennare alla storia dell’Istituto e alla speranza di un avvio che attende da troppo, l’on. Saverio Zavettieri, sindaco, ha rimarcato l’importanza culturale dell’Istituto, la funzione di promozione del territorio e di adeguata collocazione culturale, il dott. Antonio Spirlì , ex governatore f.f. della nostra Regione, qui in veste di Commissario della Fondazione Istituto Regionale per i Greci di Calabria, ha acceso la speranza.

Zavettieri

Gli interventi all’interno di uno scenario ben orchestrato dall’assessore alla cultura Franco Plutino e dalla Proloco con Maria Luisa Napoli. Un’immersione nell’arte con le opere della Pinacoteca comunale, nelle tradizioni con la possibilità di visitare il museo laografico della Bovesìa e i costumi della tradizione della sig.ra Palamara, nella musica greca e grecocalabra eseguita dai maestri Aldo Gurnari e Carmelo Iaria per dare l’abbrivio e nella musica della tradizione con la cerameddha di Pietro Orlando per concludere, infine immersione nella gastronomia con nacatuli, frutto della sapienti mani di Elena Mantuano e Caterina Sansalone e l’accoglienza delle ragazze dell’Istituto Alberghiero.

Spirlì

Il Commissario Spirlì è entrato nella scena con intenzioni concrete per far partire un Istituto, poi diventata Fondazione, che a detta di tutti potrebbe diventare propulsore per cultura e economia. La sua visione si presenta subito pragmatica: non si è ancora insediato, potrà farlo in Novembre, e già pensa ad un programma europeo (l’UE è molto attenta alle culture minoritarie in generale) un programma per un vocabolario che alle parole e relativi significati affianchi i suoni, far sentire come le parole si pronunciano, un audio-vocabolario insomma perché la pronuncia non si perda. Sembra volersi trasferire in pianta stabile nella nostra area. Ha fatto una buona impressione e un’altrettanto buona dichiarazione di intenzionì.

Siamo di fronte alla nostra (n+1)esima chance. Certo è che trent’anni sono troppi e attraversano tutte le governance politiche che si sono succedute. Decenni per una legge regionale, decenni per arrivare ad un primo CDA mai partito per mancanza delle condizioni, poi un secondo CDA per arrivare alla stessa conclusione, cioè nulla.

Intanto trent’anni perduti per salvare una cultura della quale è intrisa la nostra società.

L’Istituto era nato per salvaguardare e promuovere un patrimonio culturale di inestimabile valore, invece langue nell’indifferenza.

E’ andato avanti durante tutti questi anni, dal 15 maggio 1992 poggiando sul volontariato, è stato meta di visitatori, soprattutto greci, affascinati da una lingua, quella grecocalabra, che resisteva, ma di concreto poco.

Gurnari – Iaria
Orlando
Fondazione Istituto per i Greci di Calabria

Le uniche pubblicazioni sono state:

edizioni IRSSEC 2001

a) una ricerca poderosa sulla presenza ebraica nelle vallata della fiumara San Pasquale, con la quale ci siamo inseriti al pari di istituti di ricerca – allora ero assessore alla cultura – in un ampio progetto di ricerca della Regione Calabria che riguardava più tematiche di ricerca con l’apporto di ricercatori come la prof.ssa Sara Rossi e l’arch. Antonella Casile che hanno gestito il progetto e coordinato il tutto; risultato una pubblicazione di 256 pagine nel 2001, “Vallata del S. Pasquale e presenza ebraica in Calabria in età antica” con l’apporto di altri ricercatori come le archeologhe Emilia Andronico e Liliana Costamagna ed altri come Domenico Fiorenza e Luca Zevi, edizione IRRSEC, l’Istituto appunto;

b) Quaderni di cultura greco-calabra a cura del prof. Pasquale Casile poi confluiti nella pubblicazione “Dei e Zangrei La lingua ferita” ;

c) quaderni di cultura greco-calabra a cura del prof. Filippo Violi

I nostri luoghi, i nostri nomi, cioè toponomastica e onomastica parlano greco. La Magna Graecia prima e la presenza bizantina poi, per ben cinquecento anni dal VI al XI, hanno lasciato tracce che il tempo non ha potuto cancellare.

Nel dialetto e nell’italiano, intrinsecamente parliamo greco senza rendercene conto.

Un discorso lungo che potremo fare un’altra volta. Ora limitiamoci ad esortare un bel esercizio linguistico: quando incontrate una parola “diversa” o poco consueta, chiedetevi che significa, qual è l’etimologia, e se non conoscete latino e/o greco, fatevi aiutare o procuratevi una delle tante pubblicazioni, vedi quelle del prof. Violi, che fino ad oggi hanno parlato di tutto ivi comprese delle etimologie. Scoprirete quante storie ci sono dietro le parole.

Certo in ambito mediterraneo, interessato da un crogiolo di popoli – melting pot dicono a New York dove questo fenomeno è la normalità – per fare ricerche storico-linguistiche, il latino e il greco non bastano. Si pensi che questo nostro mare ha visto fenici, greci, cartaginesi, romani, arabi, spagnoli, francesi e così via, si pensi che su esso insistono Paesi che hanno abbracciato tre grandi religioni, cristiana, ebraica, musulmana, interessate la prima dal greco e dal latino e le altre due dall’ebraico e dall’arabo. Ciò sta a significare che queste quattro lingue la fanno da padrone anche nel dialetto. Pensate a “gebbia” (vasca per irrigazione) entrata in Sicilia con gli arabi e poi passata in Calabria; algebra da algabr, zero-cifra che non esisteva in epoca romana da assifr che significa nulla; zafferano da zacfaran che è la pianta; e poi sciroppo da sharab cioè bevanda, e noi, ma in particolare i siciliani, diciamo scirubetta. Bello, no!

Tornando a casa, si fa per dire, abbiamo il toponimo amigdalà, middalà in dialetto, che significa mandorla dal greco amigdali , nome dovuto alla presenza di mandorleti; poi sicaminò dal greco sikaminos, cioè gelso le cui foglie erano nutrimento per il baco da seta che rientrava nell’economia locale. Migliaia di esempi e di storie

Casile

Ma questa volta soprattutto una quella del prof. Pasquale Casile su naca e nacatuli.

Naca, culla; Nacatula, il dolce, ma non soltanto.

Partendo da queste parole il nostro ricercatore effettua un autentico scavo linguistico, parte dalla superficie, dagli usi correnti delle parole, con le varietà delle diverse regioni in cui si sono irradiate e procede in profondità attraversando diverse civiltà, verso le radici più profonde e arriva a Dioniso Zagreo alla culla del dio; arriva al dolce antropomorfo raffigurante Dioniso Zagreo, Liknites.

IL Casile usa un gioiello gastronomico, mai studiato, per ricostruire la nostra storia. A Bova nella cucina di Pitagora. La nacatula fa parte della cucina di Pitagora perché la sua religione ha come protagonista un dio bambino che si chiama Zagreo da cui Zangrei. Noi siamo i custodi di questa religione che ha da noi, area grecanica, l’ultimo baluardo. Una religione diffusa dai manti esperti dei riti iniziatici di Dioniso Zagreo. Quindi la parola zangrei è positiva, siamo i nipoti di Pitagora, matematici, filosofi, astronomi, rivoluzionari; custodi di una religione che cambia tutto il Mediterraneo e arriva fino a Roma. Il Casile prosegue mostrando i segni di questa diffusione nelle opere rinvenute.

Una serata positiva, prodroma di tante altre. Torniamo a riscaldare i motori.

C’è tanto da fare. La lotta è impari. La difesa dell’identità passa dalla difesa del proprio patrimonio culturale,

è resistenza all’omologazione culturale che procede in modo impietoso e rende i luoghi indifferenti per i visitatori,

è mantenimento di una diversità che rappresenta un attrattore diversificato,

è un modo attivo per innestarsi nella modernità,

Foto di sala Silvana Sgro