……..Non in virtù di qualche elegante sciarpa d’autore, basterebbe alla bisogna anche quella lanosa di Heidi, come parrebbe logico supporre bensì a causa di una mascherina , fino a poco tempo addietro non veniva in mente di usare il diminutivo , attualmente fasullo anzichenò, nei confronti di un oggetto che non corrisponde più,di necessità virtù, ai medesimi canoni di leziosa leggiadria da Canal Grande o di misteriche calli inondate di baute lente avvinghiate al chiar di luna,* purtroppo riferendosi da subito ad una inusuale fatidica prerogativa di contenimento,che termine già poco ultroneo di per sé,della libera espressione in primis colloquiale…
Se è esatto affermare che dagli occhi,negli occhi, promana, risiede, si esageri pure a volontà con i pleonasmi sinonimici, l’animo della persona che ci sta di fronte,ricambiando con sincerità il nostro , di sguardo, altrettanto fiducioso come prima , si intende delle valanghe informative, numerate con lodevole cura puntigliosa, non è certo da meno ciò che promette uno splendente, accattivante soprattutto accogliente, sorriso “en plein air”, magari, sss!a bassa voce, con l’aiuto di un non più abbrutente, alla cortese attenzione delle signore, rosso per labbra, negli ultimissimi frangenti tristemente negato,in specie il sorriso di cui sopra, da coperture di vario genere,attesa la frequente impossibilità di reperire quelle richieste da una colluvie di indicazioni al riguardo….
Se non ancora del tutto chiaro il significato del vocabolo in questione, per favore astenersi da elucubrazioni attaccaticce mutuate da motori di ricerca sempre all’erta sto per continuare a ghermire, pressocchè indisturbati, plausi e consensi, tali sono alla fine?!!.
Davvero termine non fu più azzeccato a suo tempo e anche ora più che mai, sia consentita un po’ di sana vanità culturale per averlo primariamente sperimentato proprio in questa sede privilegiata, al fine di evidenziare una sovra produzione di ordinaria amministrazione normativa, atta di solito a regolamentare le pur necessarie mansioni impiegatizie, che va ad incunearsi tra gli interstizi della normazione sostanziale , presumendo di poterne in qualche modo affiancare gli esiti prioritari.
Riaffiorano,volendo e non, scrupolose consapevolezze di certa giurisprudenza che non andrebbe pavidamente tralasciata ad inselvatichire lontana dalle fonti!
Come al solito un bel,si ha l’ardire di definirlo tale, divagare…..
Del resto si è sempre in tempo per tornare all’ argomento voluto ,smascherato,assolutamente non tendenzioso, fin dalle presenti righe , anche grazie a certe vere e proprie scenette pubblicitarie, le antenate degli attuali spot che vi somigliano,nec fastum, quale pallida e spesso soporifera copia,ovvero alla lontana!
In esse i telespettatori,seduti compuntamene nel salotto di casa , venivano letteralmente stregati da sorrisi a trentadue perle, un tempo questa, deliziosa a suo modo, espressione ricorreva spesso per indicare l’uso quotidiano di prodotti di pulizia dentale,per così dire,formato dentifricio , di collaudate marche impersonate con superna grazia da famose dive del grande e piccolo schermo,le quali, con quello slogan, così liberamente esibito, di tutto potevano pronunciare…
Magia? Ma no… altre vite, storie, occasioni,si auspica non perdute…anzi!
Insomma in altre parole…E proprio le parole poterono….
Quelle che andava interpretando nella canzone di chiusura con accenti disillusi, Mina, lei sola a siglare impareggiabili programmi tv ormai prestati al mito…
Ripetutamente blandite nel refrain/ritornello,queste tante e vane parole ,ogni riferimento è puramente al testo, si avvalevano, non da poco, del fascino comprimario del superlativo dicitore Alberto Lupo che, guarda un po’,in quel medesimo periodo di sua maggior gloria viene invitato nel tripudio generale a recitare con ben poca fantasia,si usa dire, il Prevert delle poesie amorose, nell’Aula Magna del più storico Liceo Classico della città isolana dal porto falcato sullo Stretto!
Vero e documentato dalle relative foto rintracciabili nell’archivio in loco…
Sempre di parole in libertà si tratta, sia pure in versi, e giusto per questo, maggiormente degne di attenzione…
E si vorrebbe riprendere al più presto a risentirne il suono con un valore dialettico in grado di oltrepassare gli strani diaframmi del presente,complicato?,preferibile mascherina come sopra ?,se possibile senza ricorrere a qualche sito Unesco ove le parole troverebbero sicura e adeguata protezione da indesiderate defezioni nell’uso precipuamente e globalmente ascritto all’intero genere umano, essendo notorio che i nostri amici animali non usano comunicare parlando…
Semmai, ove dovesse sorgere la necessità, si può smorzare l’abbaio un po’ invadente con l’uso della regolamentare museruola, escludendo a priori ogni immotivato eccesso.
Così dovrebbe bastare….
Un attimo prima delle conclusioni, corre l’obbligo di sprecare due parole due, ancora loro sull’asterisco che abbiamo posto all’inizio: esso si riferisce all’origine sia del titolo,sia delle frasi che ripercorrono le bellezze veneziane, il tutto tratto da un componimento poetico di chi scrive.
E che adesso sia davvero la volta della …parola… fine!