“Terra Mia” di Ambrogio Crespi, con la partecipazione di Gaetano Saffioti, Don Luigi Merola, Benedetto Zoccola, Luciana Careri, Mimma Cacciatore, Michele Inserra, klaus Davi, Cosimo Sframeli, vince al Festival Internazionale del Cinema di Salerno (2019). Il docufilm narra di ‘ndrangheta, di omicidi, di guerre, di droga, di emigrazione, di lavoro che non c’é. Un’opera d’arte che, con merito e fascino, parla della nostra società, muovendo oltre l’Aspromonte dove prevale la testa criminosa e criminale saldata ad un corpo economico, politico e istituzionale, connivente e ubbidiente, nella convinzione comune che il male non abita a San Luca o in Calabria.
Uno spaccato di vita dei paesi dell’Aspromonte dove, secondo la cultura popolare e contadina, s’impone la doverosità della vendetta proporzionata all’offesa subita. Sangue chiama sangue e chi è colpito deve, a sua volta, colpire. Vita e morte, nascita e battesimo, fidanzamento e matrimonio, cresima e amicizia, sono misurati dall’invisibile tribunale dell’onorata società che si muove quasi totalmente nel circuito dei rapporti interpersonali e fa capo tra i monti dell’Aspromonte.
E’ “Terra Mia” ad essere il pensiero alto che tende a vedere la gente di San Luca, da dove si comprende meglio l’Italia, come a una identità mai persa, la cui cultura resiste e si aggiorna. Non mai da affrontare come una questione criminale, con la cura del ferro e del fuoco, con tribunali speciali, con leggi eccezionali. San Luca non è il “regno della più oscura barbarie”, ma la conseguenza logica, naturale, necessaria di un certo Stato sociale, senza modificare il quale è inutile sperare di poter distruggere il Male.
Oggi, nei salotti si racconta con entusiasmo il contrasto al fenomeno mafioso, la fede nella vittoria, il richiamo al Dio della Giustizia. Ed è difficile restare indifferenti ad ascoltarli, ricordando che la lotta alla ‘ndrangheta non fu pulita né indolore: sulla giubba rimasero le macchie di sangue degli amici caduti, mai sbiadite. Storie in cui Dio taceva e parlava solo la lupara e tutto era desolazione e morte, come in guerra.
A San Luca, uomini e donne sono in cammino per capovolgere le ragioni storiche ed antropologiche della scelta di campo dei malavitosi, tentando di rinnovare una speranza illuministica, non condivisa da una gran parte degli intellettuali calabresi che, così facendo, impediscono la ribellione alla crescente uniformità di questo mondo: “non è la verità che arma l’intolleranza ma la pretesa del suo monopolio, la presunzione di esserne i portatori esclusivi”. “Terra Mia” di Ambrogio Crespi andrà in giro per il mondo a contrastare, con la forza dei fatti, le insidiose bugie e mitologie pronunciate su San Luca, per diradare l’oscurità che avvolge la sua gente, mettendo in luce storie di battaglie disperate contro il vento della storia. Fatti culturali, storici e sociali, che si fondono in un dialogo collettivo dal quale emerge la passione di quanti sono, e continueranno ad essere, da diverse trincee, protagonisti di una lotta combattuta in prima linea contro la ’ndranghe