Sono le prime ore di una domenica mattina, caldamente tinta coi colori di ottobre, a condurre i nostri passi verso il Santuario di Santa Rosalia di Palermo. La “Santuzza”, come la chiamano confidenzialmente i palermitani, diventa la Santa Patrona della città dopo il 1624 soppiantando le quattro Sante che ancora dominano piazza Vigliena, detta dei “Quattro Canti”, nel centro storico di Palermo. Mi piace immaginare che Sant’Agata, Santa Cristina, Santa Ninfa e Sant’Oliva abbiano accettato volentieri questa sostituzione dando il merito alla normanna Rosalia Sinibaldi d’aver sconfitto la peste che decimava la popolazione.
Un misto di credenza religiosa e leggenda alberga in noi mentre corriamo su per la “Scala Santa”, in un sentiero di ciottoli e lastre di pietra che rende difficile la corsa, mentre la salita ripidissima spezza le gambe e taglia il fiato. La fatica non riesce però a cancellare la bellezza del percorso che accompagna i pellegrini, regalando scorci sulla città e il suo porto che riempiono cuore e mente.
Lo sguardo vola verso il mare, una tavolozza dipinta di blu incastonata nel golfo di barche e navi che, forse, per un po’ di
tempo non raccoglieranno più tanta gente e attenderanno la fine dell’emergenza sanitaria per ripartire. Più all’interno il Parco della Favorita, uno dei più grandi spazi urbani dove ancora oggi si vede scappare un coniglio qua e là, mentre lo spirito dell’amante del re borbone, la Favorita appunto, controlla gli spazi riservati in una prigione dorata scelta apposta per lei. Correndo ancora per un po’ la vista ci offrirà Mondello e l’Isolotto dell’Isola delle Femmine, luogo misterioso in un tratto di mare che supera ogni immaginazione.
Una corsa faticosa: le gambe avrebbero preferito un percorso di routine ma la voglia di respirare l’atmosfera della grotta che vide la giovane e nobile Rosalia reclusa ed eremita è tanta, come enorme è la necessità di chiedere il suo intervento e stavolta non solo per Palermo. Non ricordo un’emergenza di tale portata, un incubo che il mondo vive ormai da parecchi mesi e che sembra non mostrare la luce alla fine del tunnel. La storia ci insegna che altre catastrofi hanno sconvolto paesi e popolazioni di ogni continente nei secoli ma, oggi, la tecnologia ci tiene in contatto con il mondo e accresce la portata del fenomeno. Molti di noi si sentono parte di eventi che sfuggono i confini della propria nazione in un contesto in cui, ormai, i confini non esistono più.
La “Santuzza”!
Il pensiero si perde nell’immaginare cosa sarà stato per lei vivere da sola nel 1200 su questo monte roccioso e impervio, mentre qualche lastra di pietra grigiastra e irregolare appare durante la salita a rinforzare la natura quasi primitiva e mitologica del paesaggio che ha resistito a secoli di cambiamenti climatici ed assestamento geologico del terreno. In silenzio e affaticata mi rivolgo proprio a Lei, a quella figura che i cittadini amano anche se ne conoscono poco la storia, a quella giovane femminista ante litteram che sfidò la società del suo tempo rifiutando il posto che la classe sociale d’appartenenza le aveva destinato.
Giunta davanti il Santuario, mentre mi accingo ad affrontare la scalinata che mi conduce alla grotta, non posso non pregare che la pandemia finisca e che il destino ci restituisca qualche briciola di “normalità”. La ragazza che ci chiede di sanificare le mani mi riporta alla realtà del Covid-19 e alle regole che ci viene richiesto di seguire per uscire dall’emergenza. Da mesi non entravo in questo luogo che, pur nella sua oscurità, è una misteriosa sorgente di grazia e di luce. I pellegrini mascherati girano con devozione intorno alla teca che contiene il reliquario e invocano la Santa: non è difficile intuire le loro richieste. Rosalia osserva silenziosa. Con i miei articoli e le mie storie ho cercato di portarla in giro per l’Italia e spero che, almeno un po’, me ne renda merito. Uscita dalla grotta l’aria fresca di ottobre mi porta sulla via del ritorno. Ora sarà solo discesa dopo quest’Acchianata* conclusa solo per Lei.
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*Acchianata= da un’espressione siciliana che vuol dire “salire” si riferisce al cammino durante il quale nella tradizione devozionale si percorrono i passi della giovane Rosalia Sinibaldi fino alla grotta e, oltre al “Festino” di luglio, è “l’acchianata” che rappresenta il rito con cui i fedeli omaggiano Rosalia ringraziandola per i doni ricevuti o ancora, chiedendole una grazia.