La memoria è conservatrice, custode silenziosa del tempo. E’ dalla memoria, dal raccontare il ricordo che nasce il racconto dettagliato di “Credetemi è accaduto…” una storia lontana nel tempo, come quasi un “C’era una volta”, andrebbe raccontata davanti al tremolare del fuoco, seduti su comode poltrone avvolti da una vecchia coperta, come se fosse la storia stessa ad avvolgere in un confortevole abbraccio.
Il racconto ha come scenario la culla della Magna Grecia, Condofuri e Palizzi, negli anni bellici del Secondo Conflitto Mondiale e successivamente del dopoguerra, sfiorando anche la seconda metà degli anni ‘90.
Bruno Marino è la chiave che apre la storia. Se Bruno non fosse partito per la guerra, probabilmente, la mia famiglia non avrebbe una testimonianza storica da raccontare. E, sempre probabilmente, anche la vita di Clementina sarebbe stata totalmente diversa. Bruno era un giovane moro e dal fascino antico della divisa. Il suo paese era Palizzi, ma essendo carabiniere prestava servizio a Condofuri, dove incontra e si innamora di Clementina Attinà, figlia di una prestigiosa famiglia di Condofuri. Il nonno di Clementina fu sindaco del paese e da medico ferrato, ebbe l’onore di curare Umberto I a causa di un’ infezione, quando, in occasione dell’ inaugurazione della ferrovia di Condofuri Marina, venne in Calabria con la regina Margherita. Meravigliatosi che “In mezzo a quei monti impervi nacque una testa fine”, propose all’uomo di seguirlo come medico di corte. Ma il rifiuto fu quel che ottenne, la famiglia non si poteva lasciare per seguire una realtà col retrogusto di favola.
Bruno e Clementina si sposano e vivono a Palizzi. Ma Bruno è un servitore della Patria, ancor più che del suo nido familiare.
Donna Clementina, una donna umile e coraggiosa. La guerra le sconvolge duramente la vita, l’amato sposo Bruno muore e lei si ritrova sola con tre figli piccoli da accudire. Dopo le lacrime, la solitudine e la paura trova la forza di crearsi una nuova vita. A Palizzi, Clementina, fiera e determinata, con indosso l’abito nero della vedovanza, si inventa un lavoro e rinasce come donna d’affari, la prima imprenditrice del paese. Era figlia di Angelica Granata e Domenico Attinà, detto Don Micuzzu u ballanti.
Domenico Attinà è un po’ la vena di simpatia del racconto. Figlio di Angelo Attinà, medico e sindaco del paese verso la fine dell’800. Micuzzo amava il buon vino quanto le donne e suonava abilmente tutti gli strumenti della nostra antica tradizione popolare, ma a differenza degli altri fratelli, che seguirono le orme del padre, non era molto portato per lo studio, preferiva occuparsi un po’ delle terre di cui erano proprietari. Si sposò a 28 anni con Angelica Granata ed essendo amante della caccia, il giorno delle nozze, sull’altare accanto come suo testimone, c’era il suo fedele cane da caccia.
Carletto si unisce a Clementina in seconde nozze. Anche lui era partito per la guerra quando era solo un ragazzo, combatte’ per un periodo in Grecia e in Albania, ritornando un uomo distrutto dagli orrori. La storia d’amore tra Carlo e Clementina durò tantissimi anni, fino al 12 luglio 1997, anno in cui lei morì. Sono certa che mio nonno la amò oltre la morte, fino alla fine dei suoi giorni. Carletto, che in realtà si chiamava Giuseppe Antonio Violi, si spense il 3 marzo 2003.
Questa è un’opera che dà a tutti loro l’eternità, una storia vissuta e scritta da anime che nel loro piccolo hanno fatto la storia. Quella che la nostra memoria ricorda!