Era una foto d’epoca, si trovava in un cassetto, rappresentava due sposi. Un bel souvenir per una coppia di turisti che vogliono portarla con sé a testimonianza di epoche eccezionali che avevano visto il rito greco cedere il passo a quello latino, che avevano registrato l’eccidio degli Alberti, una tragedia tra leggenda e mistero.
Scendevano baldanzosi i due turisti contenti di possedere un trofeo, una testimoniaza di un costume di altri tempi, quando la Bovesìa aveva sviluppato un elevato livello culturale, religioso, sociale e politico e Bova, la Chora greca, era il centro culturale, religioso e politico.
Aprono la portiera dell’auto per ripartire, la giornata era stata bella, il cielo azzurro e l’aria pulita. Gli ignari non potevano presagire un improvviso violento turbine che strappava dalle loro mani la foto, la tirava verso l’alto e poi la rimandava giù mentre i nostri allungavano inutilmente le mani per afferrarla. Come era iniziato il turbine finisce facendo cadere la foto in un luogo inaccessibile.
Che dire? la coppia terrorizzata va via più presto che può nella convinzione che … gli spiriti degli sposi rappresentati nella foto, volevano che la testimonianza delle loro passata esistenza, restasse li.
Lo racconta Giorgio.
Giorgio Ielo sa raccontare e promuovere i luoghi, nella sua Bottega c’è il Laboratorio artigianale “Le calamite di Pentidattilo” della moglie Domy Pizzi e tanta oggettistica di fantasia. E fuori? Le sorprese non finiscono, gatti, tanti gatti, più di trenta, una Colonia Felina Protetta, “I Pentegatti”.
Quanta passione, dedizione, passione, spirito di avventura. Persone che tengono vivo un Borgo che meriterebba un restauro complessivo per diventare un attrattore turistico di prim’ordine.
Un percorso nel Borgo ti mette a contatto con altre realtà: i ruderi del castello, il Bar, la casa canonica di San Gaetano Catanoso, la Chiesa di San Pietro e Paolo, location per l’ospitalità diffusa, , la Panchina dei Baci, la Biblioteca della donne, Bergomia casa e piccolo museo del bergamotto, altre botteghe artigianali.
E’ proprio l’ultima bottega artigianale che visitiamo, l’ultima sorpresa, “Danisìa” di Daniela Lorenzi. Qui siamo di fronte a di più. Il semplice recupero della tradizione di creare dei filati dalla ginestra è un atto che meriterebbe un riconoscimento che non riesce a dare una società decadente che vede nei social l’unico impegno degno di attenzione anziché misurarsi in qualcosa. Daniela è una grafica, lavora il cotone, la juta, pratica il macramé, è espressione di culture distanti nello spazio e diverse nella sostanza: il padre originario di Bolzano e la madre di Reggio Calabria.
Lei, ancella elegante ci riceve, ci mostra con orgoglio le sue creazioni. La sua figura elegante, longilinea, le sue mani lisce e affusolate non fanno immaginare che riesca a lavorare la ginestra con una procedura faticosa che richiama le donne del passato che in questa difficile impresa si cimentavano nella quotidianità.
Qualcuno ha pensato di comprarsi una casetta, restaurarla, viverla ogni qualvolta è possibile, arrivare qui dove le suggestioni non mancano. Parlano le rocce merlettate dall’erosione e parlano di storie, di venti e piogge; parla il panorama mozzafiato e regala suggestioni; parla la natura e regala anticipi di primavera sfoggiando la fioritura dei suoi mandorli, come pavone che allarga la sua ruota per rendersi bello davanti alla femmina; parla il cielo per l’occasione azzurro dove le nuvole disegnano effetti che ti rapiscono; parla la vallata che si perde verso il mare e il lontano orizzonte.
Qui si respira aria pura, fredda come nei giorni della merla, ci si ricarica prima di andar via … con l’intenzione di tornare.
Senza cercare quella foto perché il ricordo comincia dalle radici e le radici non vanno estirpate.