A ben pensare si potrebbe agevolmente fare a cambio con amor di patria,facoltativo il (per), senza tema di irriverenza cosa più patriottico di un piatto di spaghetti al dente con il pomodoro fresco di bel rosso vivo, un fornello rimasto temporaneamente libero alla bisogna lo si trova intanto che bolle l’acqua per la cottura, degnamente aggiustata di sale,verde basilico sparso all’ingrosso con soavità,quasi una pietanza vera e propria per i genuini buongustai non soltanto ineludibile aroma…
In questo idillio non sfugga la composizione tricolore che rischia di passare inosservata per la sua innegabile ovvietà sotto gli sguardi innamorati dell’intero repertorio eternamente in voga di regal femminino, grata corrispondenza di genere con la nostra succulenta protagonista pasta.
Da un angolo della rappresentazione sfilano immagini di confortevole ritorno alle intimità familiari,si faccia grazia delle solite diuturne difficoltà sul come e dove riunirsi attorno ad unico desco, allietate da abili mani pastose in grado di ammannire sugosi conviti,nulla iperbole a cospetto del qui si fa….la pasta o…
In prima fila già schierate in resta le mondane genti di tutte le età amanti di questa formidabile risolutrice di momentanei languorini o di ben vigorosi appetiti…che ci vuole a preparare un piatto di… pasta in qualsivoglia forma …..
Va così che,in aggiunta ai monotoni obbiettivi da perseguire a livello socio-economico, la solidarietà,quella fondante come la spicciola, è fatta salva a livello universale!!
Un po’ di esclamativi in questo caso non guastano di certo anzi….
Peraltro ogni prosapia di più o meno illustre appartenenza a questa lunga di mare Penisola italiana vanta almeno un esemplare contemplato nelle solitamente vaste parentele del quale andare giustamente orgogliosi rimirando il ritratto tra i tanti custoditi a pié di scalone di ave-nonne o volenterose ziette sempre indaffarate a impastare di buon mattino,benedette,farina “intrisa e dimenata” in dizione disusata,d’accordo,che però reca in nuce il modus di confezionare il sacrale primo piatto venerato nel mondo accanto agli altri conclamati vessilli della pregiata tradizione gastro-culinaria nostrana.
D’altronde il dizionario che la riporta come un tesoro cultural-letterario da disvelare alla golosa attenzione dei cultori in materia,è altrettanto,come dire,fuori commercio da quel dì,solitario retaggio da parte di onorati avi materni,che pone bellamente in non cale di tutto un po’ tra social/digital/interferenze,badando al sodo,ovvero, nel caso di specie all’arte/scienza di calibrare sapori e cotture per meglio gustarne l’esito finale.
Come in tutto ciò che si imbeve di maiuscolo rituale pastaiolo, nonché solenne e gaudioso,senza volere si finisce con l’adoperare il fiorito linguaggio artusiano, il già noto Pellegrino, romanzesco estensore di note pratiche su tale bricconcella di una cucina italica,sotto la sua inveterata guida ancora adesso smilze e facili da consultare,al punto che
basta si sappia tenere un mestolo in mano che qualche cosa si annaspa!
Non è chiaro,dopo il considerevole lasso di tempo intercorso dalla data di apparizione di queste amene letture presso l’appassionato pubblico in attesa di ultimi dettami dal poetico focolare, se trattasi di apodittico assunto in lode o in biasimo ancor valido o se qua e là sussistano degli spiragli caritatevoli,magari in quantità modica versione ricettario,peraltro non adusi alla caustica indole dell’augusto personaggio,per scongiurare la nefasta proliferazione di cuochi da baldacchino!! incapaci di provvedere al pascolo del corpo.
A lasciarlo scrivere,il Nostro,nel professare sconfinata assenza di fiducia nelle doti cuciniere dei suoi colleghi si produce altresì in magnifiche coloriture descrittive, intercalando saggi precetti antesignani di benessere psicofisico che spezzano in qualche modo l’esposizione altrimenti soporifera di decine di ricette,tre volumi tre,con relativo uso di cucina…
In altri termini viene fornita la doviziosa indicazione degli ingredienti non di rado aggiungendo un accenno a certi utensili dai quali non si può prescindere a cuor leggero nell’accingersi al laborioso impasto che presiede alla nascita della nostra suprema eccellenza culinaria,quella stessa pasta atta a tutte le salse sotto ogni latitudine.
Chi più egregio intenditore dell’Artusi nel rimanere fedele al solco della squisita,non solo un modo di dire, tradizione che ad esempio incoraggia la pratica del matterello per tirare la pasta a giusta consistenza, tanto per rimanere debitamente in argomento .
Al tempo stesso converrà dare una felice occhiata a certe nuvolette antiquariali notate sul Corriere Dei Piccoli negli ancor giovani inizi in cui il matterello si ritrova protagonista di amabile macchietta al secolo rubizza massaia alla Tordella che lo impugna come una clava improvvisata lanciandosi all’ implacabile inseguimento di pedanti consorti e mocciosi molesti.
In compenso alla ruvidezza di modi la corpulenta tata si dimostra in grado di sfornare a getto continuo da una striscia all’altra prelibatezze in puro stile fatto a mano/in casa nonché italico ancor meglio bolognese da intendere come suo diretto sinonimo.
Par di osservarla con l’aiuto della convincente loquela artusiana mentre il matterello viene recuperato all’originario suo scopo di ottenere una sfoglia grossa da tagliatella allungata,secondo sublimi consuetudini di Romagna con relativa chiosa sulla succulenta e salubre cucina di questa mirabile regione,senza far torto a quella delle altre di identica maestria,la quale assicura in fede,parola di consumato precettore di arte gastronomica,tali età longeve da valicare l’eternità a due passi dall’olimpo che accoglie il buon desinare a base di nostrane paste alimentari .
Le stesse che un tempo occhieggiavano sfuse da certi scaffali all’aperto,come dire trasparendo in esposizione permanente dall’interno di botteghe alla paesana dove era agevole scegliere con rapidità il formato di pasta,più spesso corta che lunga nonostante il fascino planetario da spaghetto,destinata alla cena di amoroso spessore,nel solco di una tradizione che non viene meno anche a lume di novelle tipologie da lavorare cum grano salis ché il troppo,specie salato, non s’addice certo alla cucina di classe!
Se ne può parlare,a patto di non lasciarsi irretire da strambe sirene per forza di cose di generazione z ché quelle di Ulisse ormai hanno qualche ruga d’età per non parlare di doloretti reumatici a fior d’acqua più che altro di gorgo dello Stretto dove stanno immerse dai millenni omerici…
In proposito ecco presentarsi delle sofisticate degustazioni tipiche,ci vuol del coraggio, per la gioia di speranzosi epigoni di moderno conio,s’intende in senso cuciniero,che stazionano ai confini del Bel Paese in vena di periglioso cimento con le italiche specialità gabellate come innovazione che di questi tempi perfino l’intelligenza artificiale ci va cauta…
Già la pomposa insegna,con ambizioni da gelateria ovviamente italiana che non lascia spazio a varie ed eventuali,dovrebbe da subito instillare un certo allarme nei confronti di ciò che il menu sciorina senza pietà sul verismo del prodotto finale….
Nessun dubbio sulle inalterate capacità di compitare correttamente le parole dai tempi delle elementari e dunque non resta che…credere ai propri occhi!
In ogni dove dell’ammiccante opuscolo spicca il germanico eis persino accettabile se non fosse per quel depravante accostamento all’infinita pasta ovviamente da definirsi tale quando cotta a modino,con tutte le regole in bella vista,ovvero circoscritta al territorio nazionale !
Va così che, trasecolando di illustrazione in ricetta,se ne ricava una intera serie di connubi da tramortire le più classiche fondamenta della nostra impareggiabile accolta di saperi culinari,di cui il più innocuo risulta essere quello che addossa gli onnipresenti spaghetti in funzione salvifica a certa roba mit amarena e passa….
In realtà si impone forza d’animo nel riferire di un’ ultima fantasia di sicuro effetto gotico per la gioia di taluni c ommensali reduci da mal frequentazioni di stampo Addams?! che scomoda,sfacciatamente audace,il tempio pulsante del romanesco de’ Roma,la aulica carbonara attorno alla quale si perpetuano secolari lotte gladiatorie sulla scelta degli ingredienti da aggiungere o togliere alla ricetta primaria…
Tutti a mettere le mani in pasta,cade davvero a proposito,con garrula petulanza,quella vera è cremosa o no ?,e via con pressanti interrogativi da togliere il sonno,magari ci vuole la laurea…
Nell’attesa si riprenda pure la parola, meglio la penna di ugual facondia, il Nostro, scrittore gastronomo di vaglia che discetta sulla nobile arte coquinaria ,alla lettera far da mangiare ogni giorno con indefessa dedizione a beneficio dei soliti adorabili pargoli di casa tutto compreso.
Quando di mezzo c’è la pasta il gioco è fatto e tutto diviene empireo di puro godimento!
Pazienza se ci sarà l’occasione per qualche bacchettata fuori scena da riservare a coloro che si uniformano a straniere costumanze prevedendo di spezzettare finemente le paste,taglierini e altro,da aggiungere al brodo….
In effetti esse per definirsi “speciali all’Italia debbono serbare il carattere della nazione”
Non sarà vangelo ma è certo l’indizio di un amore perpetuo nei confronti di quell’essenza pastaia che attraversa il corso della nostra Penisola recando un refolo di vento e d’anima in libertà, giusto in cucina,perché no,da tutelare al pari delle altre facoltà d’intelletto.
Dice il saggio,in questo caso una nonna,saggia di suo, che
… cotta o cruda il fuoco lo ha visto…
E ciò è sufficiente per sancire la dignità della nostra pasta innalzandola da semplice vivanda fra tante a cibo di impeccabile reputazione nutritiva che da sempre sfida il tempo a garanzia di buona cucina!
Mirella Violi