Nel lungo viatico dell’adeguamento odonomastico del Comune di Bova Marima non poteva mancare l’attenzione alle radici della storia di questo comune che diventa autonomo con decreto del 1908. Un anno connotato da un terremoto che seminò morte, devastazione e miseria da aggiungere a quella endemica preesistente in molte realtà meridionali. Ed ecco che subentra il nostro Zanotti Bianco ricordato in una via e magistralmente esaltato in una pubblicazione del prof. Pasquale Amato ” Umberto Zanotti Bianco e la sua Reggio Calabria” e dalle curatrici del volume “Addizioni agli studi di Umberto Zanotti Bianco, Francesca Paolino, Angela Martino, Maria Pia Mazzitelli.
Decise di dedicare la sua vita al riscatto del Meridione italiano.
A presiedere l’incontro il Sindaco, on. Saverio Zavettieri, che presentava gli intervenuti e creava il clima adatto ad una partecipazione attenta del pubblico qualificato intervenuto. La lettura di una lettera dello scrittore di Africo, Gioacchino Criaco, introduceva momenti di emotività nel ricordo delle condizioni esistenti in quei paesi interni e dell’impegno profuso ” tra la perduta gente”. Un clima che consentiva un approfondimento da parte di tutti nel tratteggiare una personalità che andava oltre la semplice filantropia, come ha voluto rimarcare in modo molto convinto il prof. Amato. Era venuto, per un fatto contingente, per aiutare le popolazioni meridionali, in particolare quelle della nostra area, messe ancora una volta a dura prova, e era rimasto … una vita. In modo disinteressato, pragmatico, produttivo si rapportava con le personalità più competenti delle varie località, in ordine al problema da risolvere, e escogitava le soluzioni senza aspettare che la risposta piovesse dall’alto.
“Tra la perduta gente” è uno scritto di Umberto Zanotti Bianco,titolo poi utilizzato come “”Tra la perduta gente, Africo 1948”, ma è anche un reportage fotografico del fotografo Tino Petrelli. Ne da contezza l’avv. Francesco Borrello nel suo intervento(1)
Ecco perchè Umberto Zanotti Bianco va conosciuto e non può essere dimenticato in modo specifico dai bovesi perché anche qui c’è stata la sua impronta. Il suo referente da noi era il dott. Pietro Timpano.
Pochi sanno che Umberto Zanotti Bianco, insieme al medico e ricercatore Pietro Timpano, al senatore Leopoldo Franchetti Presidente ANMI (Associazione Italiana per gli Interessi del Nezzogiorno), al prof. Gaetano Salvemini, a Maksim Gor’kij (Scrittore e drammaturgo russo padre del realismo socialista), a Maria José di Savoia, a Giuseppe De Nava, deputato al Parlamento, al barone Domenico Nesci sindaco di Bova Marina, all’on. Bonomi ed altri, fecero parte del comitato che si adoperò per la costruzione dell’Asilo infantile di Bova Marina in un periodo di grande miseria e privazioni nella prima parte del secolo scorso dopo le devastazioni per il terremoto del 1908.
Per inciso anche Timpano, Franchetti, Salvemini, Nesci, Gor’kij appaiono nell’odonomastica di Bova Marina.
Zanotti Bianco, cofondatore dell’ANIMI, era già ben noto se un pittore ceco lo ritrasse giovanissimo in divisa militare, si era arruolato volontario nella Prima guerra mondiale.
L’opera si trova presso il Municipio di Bova Marina e non risulta catalogata da nessuna parte. E’ emersa dal … dimenticatoio di un ripostiglio dove era stata gettata malamente e squarciata, senza che nessuno avesse la sensibilità di verificare che la tela aveva una storia, fino a quando la dott.ssa Francesca Crea, al tempo – 2018 – commissaria straordinaria, durante un giro di ricognizione, la avvistava e la faceva tornare alla luce collocandola nel Municipio.
Coinvolto nel ritrovamento del quadro, dopo aver accertatato quanto rappresentava, mi sono offerto di farlo restaurare gratuitamente – l’Università per la Terza età da me fondata nel 1989 ha anche una scuola di pittura – e ora fa bella mostra per chi sa apprezzarlo.
Ci si chiede come è arrivato a Bova Marina questo dipinto. La risposta più verosimile viene dalla cosuetudine che c’era all’epoca di regalare delle opere d’arte per arredare gli asili e altro via via che venivano realizzati. Per cui o il pittore o lo stesso Zanotti Bianco consegnarono al presidente dell’asilo, dott. Pietro Timpano, l’opera.
Si sa di altre opere scomparse nel nulla come la tela di 2 m x 4 m, donata dalla pittrice americana Brewster all’asilo di Africo Vecchio voluto da Zanotti Bianco insieme alla scuola elementare e all’ambulatorio e costruiti dall’ANMI, associazione costituita a Roma nel 1910 e che si occupava anche della tutela dei beni culturali. Va precisato che a volere l’ANMI furono dei settentrionali che facevano capo allo scrittore Fogazzaro. Operò fino al 1928 a pieno. Dopo aver costruito centinaia di scuole e ambulatori, seguito migliaia di malati di TBC, contrastato la malaria che imperversava, l’ANIMI fu soppressa per disposizione del regime fascista perché … in contrasto con le idee imposte. Soppressa ma non spenta riprendeva soltanto dopo la fine di uno dei periodi più bui della storia, il famigerato ventennio.
Eppure l’impegno era stato eccezionale e i risultati pure. Nella lotta conto la TBC Zanotti Bianco si era prodigato nel trovare dei luoghi per portare i bambini in colonia. Per la lotta contro la malaria aveva fatto pressione nei confronti del Governo centrale perché intervenisse in relazione ai reali bisogni nelle diverse località.
Il senatore del Partito Democratico Nicola Irto, intervenendo in chiusura, nel suo approfondimento rendeva attuale l’orientamento di Zanotti Bianco che faceva nel 1921 una gigantesca battaglia politica contestando al Governo nazionale la mancanza di una distribuzione equa delle risorse in tutte le province d’Italia e chiedendo la nazionalizzazione dell’imposta sul chinino, la distribuzione gratuita sulla base delle statistiche locali su morbosità e mortalità. Quello che oggi chiameremmo LEPS, acronimo di Livello Essenziale delle Prestazioni Sociali. Tuttavia nelle more di queste richieste, per ovviare ai rinvii, al populismo e alla retorica vuota, alle leggi mai applicate, rapportandosi con i competenti dei vari luoghi ed esaltandone la professionalità, evitando di cercare esperti altrove, si adopera per trovare soluzioni. Con riferimento all’esigenza di far conoscere questo retaggio manifesta l’intento di un incontro al Senato della Repubblica – Zanotti è stato Senatore per meriti non per carriera politica – per dare la giusta dimensione nazionale, per far conoscere l’impegno in Calabria anche dal punto di vista dei Beni Culturali.
Prendendo spunto dall’intervento della dott.sa Rossella d’Agostino presidente della sezione regina di Italia Nostra assicurava il suo impegno per fare in modo che le Istituzioni garantissero una sede opportuna.
il Sindacalista della CGIL Giuseppe Carbone è poi intervenuto per tracciare un profilo di Di Vittorio a cui è intestata un’altra via. Giuseppe Di Vittorio è stato fondatore del più grande sindacato d’Italia, la CGIL, deputato all’Assemblea Costituente, esponente di rilievo del PCI, presidente della Federazione Sindacale Mondiale.
Brevi note su Zanotti Bianco
Originario dell’isola di Creta, dove il padre, diplomatico originario del Piemonte, e la madre, Enrichetta Tulin, si erano trasferiti per lavoro. Da bambino tornò con la famiglia in Piemonte, studente brillante fino alla laurea in Giurisprudenza, conobbe giovanissimo il Fogazzaro che spinse lui e altri giovani a intervenire nell’opera di soccorso agli abitanti di Reggio Calabria e Messina dopo il terremoto del 28 dicembre 1908. Nella città siciliana conobbe Gaetano Salvemini.
Una vita esemplare per impegno e coerenza: formazione di maestri, alfabetizzazione di adulti e bambini, creazione di centinaia di asili. scuole elementari e biblioteche. Si arruolò come volontario nella prime guerra mondiale ricevendo delle benemerenze che successivamente restituì per protesta contro l’omicidio Matteotti
Nel 1925 firmò il Manifesto degli intellettuali antifascisti di Benedetto Croce.
Costretto a limitare le sue attività filantropiche, si dedicò all’archeologia concorrendo alla scoperta dell’Heraion presso Paestum, alla foce del fiume Sele. Nel 1941 fu arrestato e confinato a causa del suo antifascismo, «un tumore maligno nel corpo della nazione», e mandato al confino.
Presidente per cinque anni della Croce Rossa Italiana dal 1944, poi senatore a vita dal 1952, per decisione del Presidente Luigi Einaudi, fino al 1963 anno della fine della sua esemplare parentesi terrena
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(1)“TRA LA PERDUTA GENTE”
Franco Borrello ha chiarito l’origine dell’equivoco per cui si tende ad attribuire a Zanotti Bianco un reportage fotografico sulle misere condizioni di Africo che in realtà è del fotografo Tino Petrelli.
Una delle opere più conosciute di Zanotti Bianco e sicuramente “Tra la perduta gente” ma questo titolo è stato riutilizzato, nel 1990, con l’aggiunta “Africo 1948”. E ciò ha creato un po’ di confusione.
Si tratta di due opere distinte. Il reportage è di Tino Petrelli che lo realizzò nel 1948 e fu pubblicato su “L’Europeo” con un articolo di Tommaso Besozzi. Delle circa 30 foto scattate però soltanto 5 furono pubblicate a corredo dell’articolo. Le altre furono successivamente acquistate dalla Camera del Lavoro di Africo Nuovo.
Nel 1990 le foto furono messe a disposizione dell’editore Grisolia che le pubblicò riproponendo il racconto di Zanotti Bianco e l’articolo di Besozzi titolando, appunto, “Tra la perduta gente – Africo 1948”.
Invece il libro “Tra la perduta gente”, pubblicato nel 1959, è una raccolta di racconti scritti da Zanotti Bianco tra il 1916 ed il 1928.
L’ultimo dei racconti, quello del 1928, è quello che è ambientato ad Africo, si intitola: “Tra la perduta gente”, e dà pure il titolo al libro. Il racconto “Tra la perduta gente”, che è dunque precedente alla data di realizzazione del reportage di Petrelli, è il resoconto letterario di un’inchiesta sulle misere condizioni di vita di Africo.
Franco Borrello ha sottolineato come si tratti di un racconto di stampo verista che è anche, a metà, corale perché accanto all’io narrante colto che cita Shakespeare ci sono i pastori di Africo che con i loro commenti nel loro dialetto assolvono la stessa funzione dei pescatori di Aci Trezza ne “I Malavoglia”.
Ha poi chiuso ponendo un interrogativo: Il canto III de “L’Inferno” da cui è tratto il titolo è il canto in cui, c’è la scritta sulla porta dell’Inferno che comincia con la celebre terzina Per me si va nella città dolente, /per me si va nell’etterno dolore, /per me si va tra la perduta gente e si chiude con l’altrettanto celebre verso lasciate ogne speranza, voi ch’intrate e dove, nell’antinferno, si incontrano gli ignavi che visser sanza ‘nfamia e sanza lodo.
Tutto ciò è casuale o è frutto di una scelta, magari inconscia, di Zanotti Bianco?