Lettura fatta dal parroco, don Manente, ai fedeli di Bova Marina, al passaggio della statua in cielo, il 18 maggio 1964.
Don Primo Bottini nel libro intitolato “Il canto dei naviganti – edito nel 1955 a cura della Pia Società S. Paolo – riporta strofe composte da noti poeti con l’intento dì diiffondere maggiormente le conoscenza della Madonna Stella Maria. Già in apertura Don Primo Bottini inserisce il seguente pensiero del Poliziano:
“ Vergine rilucente.
sei degli affannati buon conforto,
e al nostro navil se’vento a porto”.
A Poliziano fa eco Chiabrera, che così si esprime:
” In mare irato, in sùbita Procella,
invoco Te nostra benigna stella “.
E poiché tra gli Inni Mariani eccelle l’Ave, Maria Stella – cantato ancora oggi nelle feste comuni della Madonna ed in alcune feste particolari – per un riferimento storico di notevole importanza si tenga conto che la composizione del canto è fatta risalire dagli studiosi al VI secolo e ad un periodo posteriore a Gregorio Magno. L’inno, di autore ignoto, è tutto un sospiro alla Madre Vergine, definita stella florida, rorida, fulgida, lumine digna”.
Questi attributi possono indubbiamente ispirare l’artista durante la progettazione di una statua, ma I’autore del presente modello – prof. Petrone – ha dovuto in più studiare le proporzioni, il movimento e l’espressione della figura celestiale, inquadrandola nel paesaggio di Punta del Capo di Bova Marina.
Dello studio è nato il bozzettino in creta e di quest’ultimo – con l’approvazione di S. E.. Rev.ma mons. Aurelio Sorrentino, Vescovo dì Bova, e del dott. Michele Nesci – il prof. Petrone si è poi servito per la preparazione di una statua in grandezza definitiva dell’idea raffigurata nel bozzettino: fatto il modello della statua a grandezza definitiva, si è ottenuta la forma ricoperta di gesso che da Bova verrà accompagnata in fonderia a Roma.
La Madonna tiene il braccio sinistro piegato con l‘avanbraccio aderente alla zona sternale assieme alla mano, le cui dita sono prossime ad un’ àncora che dall’intersecarsi ad angolo retto delle barre di affondamento con il fuso forma una croce, tenuta degli anelli di una catena di tipo marinaro nero pendente del collo della Vergine.
La Stella Maris ha invece il braccio destro in fuori e piegato verso l’alto. La mano della Vergine mostra l’indice teso al cielo. è un accenno al volere di Dio che dall’alto manda la Madonna a soccorrerci ed un preciso riferimento al luogo dove tutti gli esseri umani – non solo i naviganti – devono guardare e tendere (Ella-afferma S. Alberto Magno – per il mare di questa vita,ci conduce al porto del cielo con l’esempio col merito, col merito, con la preghiera ) .
A Roma,operai eseguiranno un’altra forma in gesso sul presente modello,ricavando una nuova forma in gesso fatta a tasselli, che permettono di smontarla e ricomporla senza la figura dentro. Dopo che le cosiddetta “forma buona a tasselli“ è smontata in sezioni, viene pennellata sui pezzi uno strato di cera in modo che, ricomponendo i vari settori,si avrà una statua tutta di cera,vuota e leggerissima. La statua di cera sarà ritoccata dall’artista e preparata con una tecnica adatta all’opera di fusione. Successivamente, apponendo all’esterno delle statua di cera un intonaco di materiale refrattario e,contemporaneamente,riempiendola all’interno con lo stesso materiale, si ha in definitiva tutto un blocco del predetto materiale.
Sotto il blocco gli operai costruiranno una piccola fornace, dove verrà acceso un fuoco che durerà ininterrottamente per una dozzina di giorni. Pertanto, il blocco completamente cotto e la fuoruscita delle cera lasceranno, quindi, un’ intercapedine tra la parte di blocco interno (anima) e la parte di blocco esterno. Nell’intercapedine dopo che il blocco sarà armato ed integrato in maniera da sopportare qualsiasi pressíone, verrà calato il bronzo fuso ed incandescente nei vani lasciati dalla cera fuoruscita. A raffreddamento avvenuto gli operai demoliranno a martellate il blocco esterno ed elimineranno il materiale del blocco interno della statua, rendendo visibile il bronzo. L’artista completerà l’opera lavorando con speciali utensili da cesello ed infine disporrà la patine chimica per accentuare i suggestivi effetti di luci ed ombre della statua.
Il modello della statua, alta m. 3,50 oltre la base, rappresenta la Madonna protettrice e soccorritrice dei naviganti (” A te, tremante, quando ingrossa ruggendo il fortunale, ricorre il navigante “, dice il Manzoni nell’ Inno “Il nome di Maria”) .La Stella Maris di Bova Martina sarà – sistemazione avvenuta – come la donna descritta nell’Apocalisse 12,1 ) e cioè “ravvolta nel sole, con la luna sotto i piedi e sul capo una corona di dodici stelle”.
LA Madonna tiene la luna sotto i piedi e ciò vale per chi uccide nel cuore delle anime pie la fiducia in Maria, affermando che non é Maria la stella del mare, ma la luna.
In versi In merito giova ricordare i versi della “Maris Stella ” di Zanella:
“Benché nel mare risplenda la luna.
non é la luna la stella del mare.
Vera stella del mare, sempre sorride Maria
Dipinta a poppa dell’umil carena.
Il viso della Madonna é rivolto al mare e lo sguardo puntato sull’orizzonte di coloro che hanno bisogno d’aiuto. Una veste a manto mossa dal vento fascia Ia figura che incede verso il mare con il piede sinistro in avanti poggiando sullo stesso, mentre i capelli scostati dal volto ricadono ondeggianti sulle spalle. Le pieghe della veste più vicine alla base della statua sono piene di movimenti ed il gioco sapiente calcolato sull’efficace effetto del vento trasforma tutte le sinuosità in masse ondose.
Nell’ insieme, l’autore del modello ha tenuto in considerazione il particolare non trascurabile della sistemazione della statua, che verrà posta su una piattaforma ottenuta utilizzando una postazione militare sita in cima a Punta del Capo di Bova Marina. Le visuale laterale – dato che davanti c’è il mare – é preminente rispetto alla parte di prospetto; in più, é stata valutata l’incidenza delle particolari condizioni ambientali che consentono agli osservatori la veduta da lontano della statua, ovviamente non a coloro i quali preferiscono salire fino in cima alla Punta del Capo.