Non aveva mai avuto molto tempo per pregare Don Gasparuzzu. Pregassero i preti che per loro è professione. Lui aveva cose più importanti a cui pensare: le vigne, i fondi, le sue bestie, i suoi commerci … A quello bisognava badare non a pregare.
In verità non solo per pregare non aveva mai trovato il tempo ma neanche per tutto ciò che poteva distoglierlo dall’unica ragione della sua vita: accumulare danaro. Non aveva trovato tempo per lutti, per feste, per la famiglia, per gli amici, per gli svaghi (soprattutto se costosi). Preferiva farsi cacciare un occhio piuttosto che una lira. Un avaraccio della peggiore specie. Come dice il vangelo, dove era il suo tesoro, là era il suo cuore.
Ora però che stava per morire il tempo per pregare l’aveva trovato. Mentre la moglie e la figlia si strappavano i capelli, la vecchia serva aveva fatto notare che forse era il caso di chiamare il prete. Don Gasparuzzu fu subito d’accordo. Più per paura che per convinzione. Non voleva fare la fine del riccu Buluni[1].
E poi gli pareva così grande ingiustizia dover lasciare in questo mondo le sue terre, le sue cose, i suoi soldi a cui aveva dedicato tutta la vita, che cercava almeno di salvare l’unica cosa che poteva portare in quell’altro: l’anima.
E così si era battuto il petto, si era confessato e si era fatto la comunione tra le lacrime di consolazione della moglie che non si stancava di ringraziare il Signore, che ffliggi e no’ bbanduna, per aver toccato il cuore del marito e averlo fatto ravvedere.
- Ora, Pa’ – disse la figlia cercando di soffocare i singhiozzi – il canonico dovrebbe darvi l’Estrema Unzione.
- Non se ne parla nemmeno! – si oppose l’uomo con decisione.
- Ma come, Pa’? – protestò la giovane – Vi siete confessato, vi siete comunicato, ora, per fare una santa morte, dovete lasciarvi dare l’Estrema Unzione.
- Ti ho detto che non ne voglio sapere, e non ne voglio sapere. Finiamola qua!
- Ma, Pa’ – insistette la figlia cercando di convincerlo – oltre che un sacramento, certe volte, l’Estrema Unzione è un toccasana miracoloso, un vero e proprio ‘nguentu postoloru. Guardate Donna Bettinuzza: tre volte in fin di vita, tre volte le hanno messo l’Olio Santo e ora sta meglio di me e di voi.
- Meglio di me sicuramente! – ironizzò Don Gasparuzzo – Ma per ora lasciamo stare: sarà per un’altra volta.
- Ma quale altra volta? Chi si vi scura non vi brisci! In fondo è una cosa da niente: devono solo ungervi le orecchie, il naso, le labbra, le mani e i piedi. Ma bisogna farlo ora non dopo che stirate le anche!
- E càrrici! – si spazientì l’uomo – Ho detto di no ed è NO!
- Ma insomma – sbottò la figlia – ca mancu si si pagava…
- Ah, non si paga?
- No!
- Allura ungitimi tuttu!
[1] Il ricco Epulone.