Non sempre è vero che “brocculi, trocculi e predicaturi dopu Pasca non servinu cchiuni[1]. Almeno per quanto riguarda i predicatori. Tant’è che nel piccolo paese di Mezzopantano ogni anno, ad Agosto, un predicatore serviva eccome. E ne serviva uno buono. Uno adeguato alla grande festa che si faceva ogni anno in onore di San Rocco.

E quell’anno, grazie alle conoscenze del segretario comunale, avevano portato un famoso predicatore: Fra’ Crispino d’Acquappesa, un Carmelitano Scalzo, che quando lo seppe Masciu Rosu lu scarparu si commosse fino alle lacrime e le scarpe voleva per forza fargliele lui su misura e regalargliele per l’anima dei suoi morti. E di quest’idea rimase fino a che non lo vide coi suoi occhi coi sandali ai piedi.

Il giorno della festa, dopo l’imponente processione, con tanto di spari, banda di Bova e Confraternita con stendardo e Fratelli ordinati in fila per due con le vesti bianche e le mozzette rosse con cappuccio, Fra’ Crispino fece la sua predica. Una predica all’altezza della sua fama, con dotte citazioni, riferimenti teologici e richiami alle Sacre Scritture.

Il giorno dopo, al momento d’andare via, il Presidente della Commissione gli porse una busta con il suo compenso. Una cifra, in vero, molto modesta.

Il frate ci rimase un po’ male: – Scusate, ma forse non vi è piaciuta la predica?

– Scusate voi, Padre, ma noi siamo gente semplice, gente alla buona, non sappiamo di lettera, e allora, non sapendo come regolarci, paghiamo il Predicatore in base alle volte che nomina San Rocco.

– Quand’è così, va bene! Non importa: tanto noi frati, lo sapete, abbiamo fatto voto di povertà ed i soldi che mi date sono per il convento. Piuttosto… avreste nulla in contrario a farmi ritornare anche l’anno prossimo?

– Ma certo che no! Ci mancherebbe?! Tornate, tornate pure! – Approvò subito il Presidente della Commissione, che era piuttosto tirato per la lira, e l’idea di risparmiare qualche soldo in più da spendere per i giochi di fuoco lo riempiva di entusiasmo.

E così, anche l’anno dopo, Fra’ Crispino ritornò a fare la sua brava predica. Ma fu una predica molto diversa da quella dell’anno prima:

– Rocco di Montpellier era un gran santo…! San Rocco già quand’era bambino… San Rocco quand’era giovane… Quando San Rocco andò pellegrino… Quando San Rocco curò gli appestati… Quando il cagnolino portava il pane a San Rocco…

E Rocco di qua e Rocco di là non la finiva più. Finché concluse:

– Vedo con piacere che in questo paese siete tutti così devoti al vostro santo che persino le rane del vostro pantano sembrano lodarlo col loro “rocco-rocco, rocco-rocco, rocco-rocco…

E non la smise che quando non ebbe più fiato.

Nella prima fila dei banchi, mentre il Presidente della Commissione scoloriva in volto pensando a tutti quei soldi che se ne stavano andando, il Priore della Confraternita, al suo fianco, gongolava:

– Bella, bella predica per davvero!

Ma chi bella e bella? – lo zittì il Presidente con una occhiataccia – Lu scasciu mi vi mbatti?! Ca chist’annu li giochi di focu l’avimu a sparari a cridenza![2]  E si portò violentemente la mano alla bocca per ricacciarvi dentro quel “Santudià”[3] che stava per uscirgli.


[1] Broccoli, raganelle, e predicatori dopo Pasqua non servono più.

[2] Che vi colga un accidente! Che quest’anno i giuochi di fuoco li dovremo sparare a credenza.

[3] Santodiavolo.