Le festività pasquali ormai prossime risvegliano ricordi e sensazioni d’arcana memoria le cui radici vanno forse ricercate in quell’immaginario collettivo dove vive la nostra tradizione umana e culturale. Pasqua si carica quindi di una forte capacità di rinascita: poter risorgere dalle proprie ceneri verso nuova vita. Eppure il patrimonio letterario ci ha spesso regalato immagini diverse e contrastanti di quello che rimane però un simbolo di passaggio verso la primavera.
Una poesia il cui messaggio è quello di un volo pasquale al pari di una bianca e pura colomba è senz’altro “Easter Wings (Ali di Pasqua)” del poeta metafisico del ‘600 inglese George Herbert, il cui contributo poetico e visivo di notevole impatto emotivo inaugura quella tradizione dell’”Emblem poem” che tanto seguito avrà nella successiva produzione letteraria mondiale. |
Easter Wings (di George Herbert)
Lord, who createdst man in wealth and store,
Though foolishly he lost the same,
Decaying more and more,
Till he became
Most poore:
With thee
O let me rise
As larks, harmoniously,
And sing this day thy victories:
Then shall the fall further the flight in me.
My tender age in sorrow did beginne
And still with sicknesses and shame.
Thou didst so punish sinne,
That I became
Most thinne.
With thee
Let me combine,
And feel thy victorie:
For, if I imp my wing on thine,
Affliction shall advance the flight in me.
Ali di Pasqua
Signore, che hai creato l’uomo in ricchezza e abbondanza,
benché stupidamente le perse,
decadendo sempre di più,
finché diventò
infinitamente povero:
con te
lasciami salire
come allodole, armoniosamente,
e canta oggi le tue vittorie:
poi che possa il caso dare maggiore impulso in me.
La mia dolorosa età cominciò nel dolore:
e ancora con malattia e vergogna
tu hai punito così il peccato,
che diventai
estremamente misero.
Con te
lascia che io mi unisca,
e sentire oggi la tua vittoria;
poiché, se innesto le mie ali sulle tue,
l’afflizione possa dare impulso al volo in me.
I versi di “Easter Wings” sembrano disegnare un paio d’ali nel tentativo di raggiungere spiritualmente Dio che il poeta invoca sin dai primi versi. George Herbert incarna l’uomo peccatore che si affida all’Onnipotente e si pente per non aver apprezzato la ricchezza dei doni ricevuti e di essersi impoverito a causa della sua condizione di peccato. Solo Dio può salvarlo, consentendogli di volare come un’allodola per cantare insieme la sua vittoria. La simmetria delle due strofe è evidente nell’alternanza tra versi brevi e lunghi. L’effetto simbolico è quello di un uccello che scende in volo per risollevarsi in cielo: una esemplificazione della tensione spirituale dell’animo umano. La stessa punteggiatura utilizzata accentua il punto più basso raggiunto dall’uomo nella sua condizione di peccato lasciando aperta al contempo la speranza verso un nuovo inizio. George Herbert riesce magistralmente a bilanciare forma e contenuto donando al lettore versi di straordinaria bellezza. |
Easter 1916 (di W.B. Yeats) I have met them at close of day Coming with vivid faces From counter or desk among grey Eighteenth-century houses. I have passed with a nod of the head Or polite meaningless words, Or have lingered awhile and said Polite meaningless words, And thought before I had done Of a mocking tale or a gibe To please a companion Around the fire at the club, Being certain that they and I But lived where motley is worn: All changed, changed utterly: A terrible beauty is born. |
Pasqua, 1916
Li ho incontrati alla fine del giorno,
mentre venivano coi visi accesi
da dietro i banconi o scrivanie tra grigie
case del diciottesimo secolo.
Sono passato con un cenno del capo
o con parole gentili e insensate,
oppure ho indugiato un po’e ho detto
parole gentili e insensate,
e ho pensato prima di andarmene
ad una storia comica o ad un’allusione
che facesse ridere un amico
intorno al fuoco al club
certo che loro ed io
vivessimo solo dove si indossa
la casacca dell’istrione.
Tutto è cambiato: cambiato completamente:
nasce una tremenda bellezza.
Sicuramente diverso è il contesto presentato da “Easter 1916” di W.B.Yeats, poesia che commemora la rivolta dei repubblicani irlandesi contro la Gran Bretagna soffocata nel sangue delle numerose esecuzioni. L’evento ebbe luogo il 24 aprile 1916 e pare che il poeta voglia commemorarlo nella stessa struttura: 16 versi nella prima e nella terza strofa (1916), 24 versi nella seconda e quarta (il giorno di inizio della rivolta), quattro strofe in tutto (il mese di aprile). Così facendo emerge ancora una volta l’importanza, centrale nella scrittura poetica, della disposizione grafica che non va staccata dal significato.
Poesia ben più complessa quella di Yeats e carica di forti connotazioni negative nei colori delle case, nelle parole di circostanza usate prive di significato e nell’indifferenza che sembra trasparire nei confronti di chi ha scelto di sacrificare la propria vita per una causa. Il poeta stesso si sente colpito non avendo partecipato personalmente alla ribellione. Le sue parole mirano a scrivere per sempre i nomi di chi invece contribuirà alla causa repubblicana facendo nascere “Una terribile bellezza”, in cui l’ossimoro riesce a restituire dignità ai martiri di quei giorni.
L’immediatezza con cui i capi irlandesi vengono menzionati nella loro normale routine giornaliera e la mirabile forza evocativa del linguaggio utilizzato hanno contribuito ad innalzare la qualità eroica delle loro gesta attraverso lo strumento poetico, unico in grado di comprimere significati su molti livelli.