Bigger is better, a jungle of skyscraper, big apple, melting pot, gentrificazione, … sono le parole chiave
I haven’t been everywhere but it’s on my list – Non sono stato dappertutto ma è in lista
Siamo alla partenza: Sabato 15 aprile 2023 ore 11:00 Bruxelles National Airport, arrivo Sabato 15 Aprile 2023 alle ore 13:20 a New York, John F. Kennedy Airport, JFK nel Queens, uno dei 5 distretti della Metropoli. Il viaggio dura circa otto ore ma si va indietro di sei ore quindi anziché arrivare all’ora di Greenwich, 19:20, ci troviamo con l’ora di NYC, 13:20, che per gli USA sono 1:20 pm (post meridiem). In sostanza anziché consumare la cena ed andare a letto ci troviamo con mezza giornata davanti a noi per i controlli doganali, per lasciare l’aeroporto, per arrivare in hotel a Manhattan e fare il primo assaggio della città facendo i conti con il famoso jet lag che crea difficoltà dovendo l’organismo sincronizzarsi con i nuovi ritmi circadiani di avvicendamento giorno-notte. Intanto percorrendo sei fusi orari e ritardando il tramonto del sole abbiamo guadagnato sei ore. In pratica, orologio alla mano, abbiamo impiegato … due ore.
Ma andiamo per ordine.
“An apple a day take the doctor away” è un detto inglese che a prescindere dalla traduzione letterale – “una mela al giorno toglie il medico di torno”- sta a significare che se si mangiano buoni cibi si rimane in buona salute e non si ha bisogno di vedere il medico spesso.
Ma la salute è una condizione psico fisica, non riguarda solo il corpo ma anche la mente in intima correlazione. Il benessere sta nell’equilibrio psicofisico.
Ma per “alimentare” la mente servono stimoli, esperienza, confronto tra i codici culturali che connotano la vita dei popoli.
E siamo arrivati al dunque: i viaggi, occasione diretta per fornirci gli stimoli adatti per assestare la nostra matrice cognitiva, il nostro modo di essere , in orizzonti più ampi.
Con gli amici e frequentatori dell’UTE-TEL- B (Università per la Terza Età e per il Tempo Libero della Bovesìa) 125 viaggi in Italia e all’Estero in poco più di trent’anni: a parte l’intera Italia, Calabria e Sicilia in particolare, Grecia più volte, Spagna, Portogallo, Francia, Cecoslovacchia prima della scissione, Germania, Austria, Gran Bretagna-Londra.
Con la scuola ho organizzato ben quattro viaggi internazionali, verso Germania, Francia, Belgio, Spagna.
Con la famiglia e spessissimo, specie nei primi anni, con due famiglie amiche, l’intera Europa e oltre utilizzando i nostri autocaravan, comunemente etichettati come camper, nell’arco di 45 anni: Da Mosca-San Pietroburgo a Gibilterra (con puntata in Marocco), dalla Scozia e Irlanda a Grecia -Turchia anche asiatica, da Scandinavia a Malta. L’intera Europa, insomma.
Esperienze indimenticabili di cui non si è mai sazi.
Infatti in cuor mio ancora ne mancano per cui, tornando all’incipit, c’era ancora una mela da addentare.
Ne ho scelta una grande per antonomasia: la Grande Mela, New York City con 8,468 milioni di abitanti all’interno dello Stato di New York che ne ha 23,724 milioni.
Un morso al giorno per otto giorni, un “pasto” che mi sono organizzato da solo perché si comincia a viaggiare prima di partire, il che oggi è possibile utilizzando il web, i servizi, i filmati, lo street wiew, gli acquisti e le prenotazioni on line.
Quattro mesi di ricerca silenziosa, senza alcuna socializzazione degli intenti, al punto che arrivando a destinazione ho avuto la sensazione di esserci già stato, con un orientamento e facilità di movimento come se mi fossi trovato nella mia città. Con me mia figlia che ringrazio: per assecondare questo mio desiderio mi ha accompagnato. Da solo non sarebbe stato opportuno partire. Non si sa mai!
Sto cercando di entrare dal vivo nella Capitale del capitalismo mondiale, capirne pregi e difetti, vivere in un luogo dove tutto è possibile nel bene e nel male quando si è disperatamente soli e non sorretti dal dio denaro. E’ il risultato della libertà, parola magica anche se spesso immeritatamente sbandierata, libertà come opportunità di diventare ciò che non avremmo mai pensato.
Per poter andare negli USA occorre l’ESTA, si compila e si invia tramite internet, per ricevere l’autorizzazione al viaggio. Chi eroga il biglietto, nel nostro caso Delta Airline, rileva nel sistema l’avvenuta autorizzazione. A prescindere dall’ottenuta autorizzazione all’arrivo può essere negato l’ingresso senza che nulla si possa opporre per espressa dichiarazione pregressa.
Senza un’assicurazione sanitaria non si può andare, qui la sanità pubblica alla maniera italiana non esiste e se avete necessità dovete ricorrere a … un mutuo. Quelli che cercano di sabotare il nostro sistema sanitario vogliono portarci a questo stato.
Lo slogan che riassume la Grande Mela è “Bigger is better”, più grande è meglio.
Già la mela è grande, gli edifici grandi sono in grande numero, infatti sono 6000 (seimila) i grattacieli e quelli che superano i 180 metri di altezza sono circa cento, un incredibile sviluppo verticale e uno sky line unico.
L’alta densità della popolazione determina spesso grandi file, per spostarsi in metro, per mangiare, per comprare, per usufruire di attrazioni, pur essendo grande il numero dei luoghi deputati. Occorre dire che la Grande Mela se la cava bene se si fa eccezione per alcuni luoghi di altissimo richiamo dove la lunga fila è inevitabile.
Grande è il numero delle linee della metro attive, ben 25 per una lunghezza complessiva di 399 km e di queste ben 23 interessano Manhattan cuore pulsante di NYC. La nota dolente è che, tranne per alcune stazioni di recente costruzione, di eccellente linea e modernità, scale di accesso e livello piattaforma, dove arrivano i treni, sembrano non avere alcuna manutenzione periodica tanto sono sporche.
I marciapiedi sono sempre in cemento liscio, niente mattonelle o altra pietra.
A Manhattan il più grande magazzino, dicono, del Mondo, ben 10 grandissimi piani lunghi un intero isolato, nella 34th street dalla 6th alla 8th avenue, il Macy’s, a due passi dall’Empire State Building il classico grattacielo icona del Borought (distretto) e dell’intera metropoli.
Sempre a Manhattan la Penn Station, abbreviazione di Pennsylvania Station, moderna e funzionale, c’è la più grande stazione del Nord America, sotterranea con 21 binari, tra la 7th e l’8th Avenue nella 34th street ma con ingresso anche nella 31th street.
E ancora, la concentrazione di teatri più grande, unica al mondo, nel Theater District: 40 teatri vicinissimi tutti con una capienza da 400 a 500 posti, a ridosso di una delle piazze più famose al mondo, dopo quella di San Pietro in Vaticano, Times Square icona di New York.
Ma non è finita, c’è il Lincoln Center, sede di molte organizzazioni artistiche e destinato in gran parte agli spettacoli, per esso il grande non basta: Metropolitan Opera House con 3900 posti, David Geffen Hall sede della New York Philharmonic con 2738 posti, David H. Koch Theater per musical con 2713 posti, Alice Tully Hall 1095 posti, Vivian Beaumont Theater 1080 posti, Rose Theater per musica jazz 1094 posti ed altri.
Come se non bastasse anche i negozi di giocattoli, la Disney fanno la loro parte perché non bastano i pupazzi a grandezza umana, no, ce ne sono di più grandi. E la Lego non scherza.
La grande Statua della Libertà che un tempo salutava gli immigrati in arrivo a New York – ora c’è l’aereo – mantiene il suo fascino, come mantiene il suo fascino il grande Centro di smistanento situato a States Islands, dove arrivarono milioni immigrati italiani prima di essere trasferiti da altre parti degli Stati Uniti per consentire loro di realizzare il sogno americano. A Ellis Island un museo ricorda tutte le migrazioni che hanno interessato gli States.
Visitando la città la testa “gira” guardando le vetrine sfolgoranti, gli schermi pubblicitari giganti, le cime dei grattacieli cercando di riconoscerli dagli inconfondibili profili ai quali ci si era abituati cercandone le immagini sul web.
Si mangia dappertutto e a tutte le ore, alcune stazioni della metro, vedi quella del Columbus Circle, e quelle anche ferroviarie , come l’Oculus nel Trade World Center, la Penn Station e il Gran Central Terminal, stazione con una grande e artistica hall, eccellono per varietà di proposte gastronomiche.
Sembra che non si dorma mai, si trovano negozi aperti a tutte le ore e in tutti i giorni.
Dall’aeroporto un’auto prenotata per arrivare alla 28th street nel centro di Manhattan nell’hotel Springhill suites by Marriot che regala un panorama mozzafiato e vista da capogiro sull’Empire State Building dal 42esimo piano con letto a 40 cm dalla finestra-balcone.
Il primo giorno, previa passeggiata panoramica lungo la Hight Line, un ex ferrovia sopraelevata trasformata in parco lineare con bella vista sul fiume Hudson che delimita l’isola di Manhattan a ovest, abbiamo scelto il Chelsea Market che, pur essendo un grande Market è anche un luogo deputato ad una varia ristorazione e rappresenta un attrattore. Un tempo era stato uno stabilimento industriale per la produzione dei biscotti Oreo conosciuti anche in Italia. Il primo incontro gastronomico è con il dollaro è con il loabster roll – astice – (28 USD) accompagnato da una bottiglietta da 250 cc di vino bianco (18 USD).
Questo è stato il primo morso – anche in senso figurato – alla Grande Mela.
Il secondo morso non poteva che essere l’ascesa – è quanto dire dopo Pasqua – ovviamente con l’ascensore che si chiama, guarda caso, sky pod, sul più alto grattacielo di New York, al 100° piano in 60 secondi e poi al 102°, per saziarsi la vista a 360° e accarezzare le nuvole: l’One World Observatory o Freedom Tower, alto 541,33 metri, è nostro. Siamo nell’ One Word Trade Center.
Il grattacielo è l’ultimo nato a fianco al luogo dove sorgevano le Torri Gemelle fino agli attentati terroristici dell’11 settembre 2001 ; il suo nome alternativo, Torre della Libertà – Freedom Tower, ricorda la Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti che fu nel 1776 anno che corrisponde ai piedi di altezza: 1 piede= 12 pollici= 30,48 cm; 1776 volte 30,48 cm è 541,33 metri che è l’altezza voluta e appunto rappresentativa.
A fianco una splendida struttura architettonica, copertura per l’ingresso della stazione ferroviaria e metropolitana – qui subway – orientata in modo che da una striscia superiore a vetri possano entrare i raggi solari. Si chiama Oculus, concepito dall’architetto spagnolo Santiago Calatrava, il più costoso al mondo, vuole rappresentare una colomba bianca e la rinascita di New York, ma di fatto è un importante Hub trasportation che collega 11 linee della metro e ferroviarie e inoltre è l’accesso al World Trade Center, WTC, ospita ben due noti e grandi Centri Commerciali l’Outlet Center 21 e il Westfield World Trade Center, il più grande della “grande mela” con i più famosi brand e come se non bastasse presenta una grande area dedicata alla ristorazione con i marchi più noti: Beer Table con 100 tipi di birre, Starbucks, Pane Bakery, Eataly, Shake Shack con solo Angus Burger, …
Oltre la Broadway il Financial District, con la famosa Wall Street ecc. e oltre l’altrettanto famoso ed iconico Brooklyn Bridge; ma per il momento ci aspetta il Battery Park all’estremità sud di Manhattan. Da qui un ferry, dopo rigorosi controlli come in aeroporto, traghetta a Ellis Island, con splendide viste sui grattacieli del sud di Manhattan e sulla Statua delle Libertà dove si può sostare. Potete fare una ricerca per sapere se qualche vostro antenato era tra i migranti perché trovate un interessante museo delle migrazioni che hanno interessato gli Stati Uniti.
“Everywhere immigrants have enriched and strenghthend the fabric of american life” – Dovunque gli immigrati hanno arricchito e rafforzato il tessuto della vita americana . Presidente John F.K.I
Completiamo la visita del Financial District, la Borsa e ovviamente l’altra icona turistica, il Toro di Wall street opera di un italiano, Modica. A guardare la famosa Wall Street c’è la Trinity Church chiesa cristiana episcopale.
Le sfruttiamo tutte le opportunità, per cui dal molo 11 in corrispondenza di Wall Street ci facciamo portare da un Ferry all’altezza della 34th st godendo di un bel panorama sullo skyline di Manhattan, sul ponte di Manhattan e sul famoso ponte di Brooklyn. Ci portiamo verso Times Square per la prima volta. Enorme l’animazione, siamo in un tratto che accomuna la 7th street e la Broadway Street, una via lunga quanto Manhattan, circa 22 km, che interrompe lo schema avenue verticali e street orizzontali. Qui il “melting pot”, crogiolo, calderone, commistione di origini, religioni e culture diverse e la costruzione di una identità condivisa tipica USA, si presenta in tutta la sua evidenza.
Verso il terzo morso.
C’è da camminare molto per visitare, spostarsi verso la metro, scendere e salire scale, non sempre scale mobili, ascensori non sempre vicini da raggiungere, con il risultato, contapassi dello smartphone in mano, di trovarci con 10-12 km al giorno sulle gambe.
Una soluzione sono i bus turistici hop-on hop-off che consentono di salire e scendere quando si vuole nell’arco della giornata o di due a seconda del biglietto comprato. Conviene comprare un pass che consente di avere tutti gli ingressi e servizi che si vogliono per il numero di giorni desiderato, e conviene comprarli con anticipo per pagarli di meno. Musei, grattacieli, centinaia di attrattori, sono costosi, anche 20-40-45-59 dollari, per cui a conti fatti conviene il pass senza dover pagare biglietti di volta in volta ma semplicemente riscattandoli all’ingresso (più o meno di 300 USD).
Ed è così partendo da Time square, in prossimità della m&m’s, i famosi cioccolatini, il big bus porta verso Little Italy dove si scende per una visita continuando poi verso l’adiacente China Town, siti molto folclorici meglio apprezzabili dalle immagini. Lo stesso big bus ci riporta al punto di partenza dove ci aspetta il primo incontro in un diner – “Majesti Delicatessen Cafe” – con il Pastrami uno dei panini – si fa per dire – più celebri della cucina di New York, a base di carne di manzo marinata a lungo con spezie e poi affumicata e cotta al vapore. Si scioglie in bocca. Abbondante, basterebbe per due, 28 dollari, oggi circa 25 euro
Soddisfatti riprendiamo il big bus verso nord percorrendo la Madison Avenue, la strada dei flag shop, dove si trovano tutti i brand più famosi al mondo, per promuovere l’immagine, e ritornando a lato dell’enorme quanto bello – 4 km x 800 m – Central Park , fino al Columbus Circle con bella stazione della metro e grande proposta shopping e gastronomica. Una breve passeggiata fino al vicino Lincoln Center di cui abbiamo accennato. Dal lato opposto del Parco alcuni Musei: il Guggenheim e il Metropolitan Museum.
Rientro verso Time square dove a breve ci aspetta il BBQ Dallas, barbecue di carni arrostite con un cocktail a base di tequila. Qui siamo sui 40 dollari, circa 36 euro.
C’è da considerare una particolarità. Quando si va a pagare, la mancia, pur non essendo teoricamente obbligatoria la si trova ipotizzata già nello scontrino e si può scegliere tra 18, 29, 22%., Si chiama “tip” e rappresenta una consuetudine inderogabile.
Siamo al quarto morso.
Si raggiunge il Guggenhem Museum ma non si entra perché le collezioni interessanti sono chiuse per allestimento, per cui rimandiamo la visita e ripieghiamo verso il Rockfeller Center con l’iconica pista per pattinaggio spesso mostrata in film e trasmissioni. Visitiamo il Centro con varia proposta gastronomica, quindi seconda “arrampicata” al 64° piano del Top of de Rock con splendida vista sul Parco e sull’Empire State Building. Pranzo al Rockfellwer Center con Gamberetti riso e verdure accompagnati da … latte di cocco. Rompiamo tutte le consuetudini.
Alle 16 era prenotata (prenotazione obbligatoria insieme a quella all’Empire State Building) la visita al MoMa, Museo of Modern Art, si ammirano splendide opere come La notte stellata di Van Gogh, Le Demoiselle d’Avignon di Picasso, Gli amanti di Magritte, ecc.
E la sera la grande esperienza a Broadway con il musical “Aladin” nello scenografico New Amsterdam Theatre. Costumi e scene spettacolari, è un campo dove qui sono maestri. Lo dimostrano i teatri sempre pieni con repliche che durano anni. Biglietto in botteghino, senza file per risparmiare al TKTS in Time Square, 99 dollari in decima fila laterale. Non si può evitare è troppo troppo bello. No dress code, solo decenza
Siamo al quinto morso.
Harlem merita una visita. La raggiungiamo con la metro. Linea 1 uptown, prima fermata per visitare la più grande chiesa del Nord America The Cathedral Church of St John La Divine poi una passeggiata verso l’Apollo Theater. Qui non abbiamo potuto godere del Gospel molto simile agli spiritual non avendo una domenica disponibile.
Rientro verso la 5th avenue nei pressi del Rockfeller Center per visitare la più grande chiesa cattolica di New York, la St Patrick’s Cathedral molto bella e … molto infiorata a partire dall’ingresso.
A questo punto un’altra scalata, ad aspettarci questa volta è l’Edge o The Hudson Yard con i suoi 100 piani e una piattaforma triangolare sporgente e in parte trasparente per aumentare l’adrenalina dei visitatori. Confesso che dall’alto dei miei quasi 86 anni faccio un po’ di fatica ad avvicinarmi al bordo ma ormai ci siamo, un po’ di coraggio e via. Certo non vado a sdraiami sul cristallo come alcuni. Siamo in un’area molto moderna con centro commerciale elegante, bella stazione della metro e, a fianco il Vessel, una struttura turistica fatta di scale per chi vuole arrampicarsi: 16 piani, 154 rampe, 2500 gradini. I pezzi da assemblare provenivano da Monfalcone (italia).
E poi una visita in area Time square, nella 234 W 42nd St, a Madame Thussauds.
Preciso che prima della partenza mi sono fatto spedire una SIM americana, che è servita per chiamare l’autista dell’auto prenotata, e una unlimited metro card valida sette giorni a 34 dollari. A New York vi collegate alla rete dappertutto.- Il problema di Internet non c’è. Se vi scaricate l’app “eric’s new york” avete off line un GPS che vi indica la Vostra posizione e l’indicazione di ciò che vi serve: attrazioni, ristorazione, toilette, … vicini.
Perciò la visita continua, nuova metro e via verso la Washington Square, bella piazza con l’arco simbolico, molto animata per la presenza giovanile a ridosso dell’Università.
Siamo in zona NOHO, parola macedonia in luogo di NOrth of HOuston (street). Queste parole abbondano: c’è ,SOHO (SOuth of HOuston), NOLITA (NOrth of LIttle ITAly), TRIBECA (TRIangle BElow CAnal, street)
Un giro per il quartiere con caratteristiche vie ricche di luoghi di ristorazione a cominciare dal Reggio Caffe dal quale partì l’uso americano e la notorietà del cappuccino a partire dal 1927 per merito di un italiano reggino, appunto, ivi immigrato come barbiere – e pare guadagnasse bene – ma evidentemente in vena di innovazione. Nella stessa zona la chiesa di nostra signora di Pompei e altre attrazioni. Ma è ora di cena e un ristorante messicano nei pressi ci aspetta con il suo burrito.
Siamo al sesto morso
Dopo la consueta colazione che comprende continental breakfast e english breakfast, si prende di tutto, la solita metro ci porta a visitare il Central Parc che attraversiamo nella zona più amena per circa ottocento metri: laghetti, monumenti, alberi fioriti, un “belvedere”.
E finalmente dopo due giorni di attesa il Guggenheim Museum. Degas, Renoir, Manet, Gauguin, Picasso, altre opere contemporanee, ecc
Grazie alla nostra Unlimited Metro card settimanale, si va rapidamente a Brooklyn- Williamsburg nella rue Bedford dove, in attesa di una guida che ci accompagni a scoprire una parte minima del distretto, ci ricarichiamo con un piatto di Noodle Thai con gamberetti più involtini primavera e succo di cocco.
Nel giro prendiamo consapevolezza del fenomeno della trasformazione avviata della vecchia Brooklyn industriale e popolare in zona abitativa di pregio con quel che ne consegue in termini di composizione sociale e di prezzi; per intenderci 3500 dollari al mese (!) per un’abitazione con una stanza. E’ il fenomeno della gentrificazione.
A Brooklyn è diffusa la street art e per avere un’idea ci rechiamo alla fermata Jefferson della subway.
Interessante è anche lo skyline di Manhattan visto da Williamsburg.
Rientriamo perché alle 20: 30 abbiamo fissato il quarto grattacielo, il più famoso: l’Empire State Building, super affollato, ma per una visione notturna e una suggestione indelebili e non descrivibili; a nostro avviso neanche le foto rendono l’idea.
Siamo al settimo morso
Ritorno a Brooklyn, ma questa volta a DUMBO, sulla sponda dell’East River, splendida visione dei ponti di Brooklyn e Manhattan nonché dei grattacieli di fronte nella downtown, area Financial District.
Rientro verso Manhattan per visitare altri luoghi rinomati nella Houston street come la vecchia chiesa di San Patrizio e il Katz’s Delikatessen che vanta il miglior pastrami di New York.
Da qui un altro balzo – ormai padroni della città – verso la Roosvelt Island in mezzo all’East River. Ci arriviamo in metro e ritorniamo con la scenica funivia fino a 75 metri d’altezza, che loro chiamano Tramway, verso la 59th street – 2nd avenue di Manhattan. Qui ci aspetta un ristorante americano che ci serve un piatto … greco: gyro, insalata greca, dolmades.
Ora è tempo di shopping quindi full immersion nei locali più noti fino all’ora di cena e del rientro in hotel.
Individuo una fetta di torta; Napoleon, con sfoglia, crema, mirtilli, ecc da impazzire.
Prima sistemazione dei bagagli. Domattina la chiusura definitiva.
Siamo all’ottavo, ormai piccolo, morso
Una breve passeggiata sulla 6th avenue downtown e ritorno dalla 5th uptown con visita a Eataly, gastronomia italiana, e alla Lego.
E’ opportuno rientrare e prendere i bagagli. Questa volta cambiamo esperienza, ci portiamo nell’enorme Pennsylvania Station che è vicina e prendiamo la metropolitana che ci porta nel Queens a Jamaica Station, una moderna stazione che serve tutti i terminal dell’enorme Aeroporto John Fitzgerald Kennedy con un Air Train, cioè un treno sopraelevato.
Il viaggio è finito, questa esperienza anche, positiva, gratificante, senza contrattempi. Finisce con lo spirito della grande scritta che campeggia all’interno dell’aeroporto nel quarto terminal e che è il sottotitolo di questo servizio.
Circa sette ore e mezzo di volo ci aspettano, ma questa volta perderemo sei ore per cui per gli orologi arriveremo dopo 13 ore e 30 minuti.
Il Jet lag si avverte di più, all’arrivo, malgrado il riposo sull’aereo, c’è un po’ di sonno da recuperare.
Ma ormai è cosa fatta. Recupero in fretta e mi riporto al consueto ritmo circadiano … verso gli 86 anni e … il prossimo viaggio.
Alla fine quello che conta è pensare positivo e ripetersi I CAN – Io Posso, e perché no, We Can – Noi Possiamo.
Chi è arrivato fin qui vuol dire che è interessato, quindi se ha bisogno di consigli per un contatto eliocotronei@gmail.com